ANTHRAX: PERSISTENCE OF TIME
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20/04/2004Dopo una serie di album epocali era inevitabile una fase discendente nella carriera della band newyorkese: nonostante “Persistence Of Time” sia un album discreto, sotto molti punti di vista risulta inferiore alle precedenti pubblicazioni targate Anthrax. Ciò che secondo me manca in gran parte a questa quinta fatica di Scott Ian e soci è l’immediatezza che aveva caratterizzato lavori come “Among The Living” o “Spreading The Disease”: i brani proposti, come da tradizione, si sviluppano su strutture articolate, che questa volta però vanno a discapito della digeribilità delle canzoni. Le buone idee alla base di pezzi vincenti come “Keep It In The Family” e “Time” si diluiscono purtroppo in una prolissità che impedisce di gradire appieno il lavoro della band. Tra gli episodi più riusciti ricordiamo “One Man Stands”, che sembra riportare la band indietro di qualche anno, e la conclusiva “Discharge” che tra sfuriatre thrash e marcate inflessioni hardcore si conferma come uno dei brani più aggressivi e convincenti del lotto. Il resto dell’opera è composto da canzoni capaci sì di mostrare spunti interessanti, ma anche di far sbadigliare in più d’una occasione ( “Belly Of The Beast” è un concentrato di noia e staticità). A risollevare un po’ le sorti di questo lavoro ci pensa la cover di turno: “Got The Time” è senza dubbio il brano migliore dell’album e questo dovrà pur dire qualcosa… “Persistence Of Time” è l’ultimo disco con Belladonna alla voce, che lascia il gruppo in modo non proprio amichevole, cedendo il microfono a John Bush, ex Armored Saint. Da qui in avanti gli Anthrax vivranno momenti altalenanti, dando alla luce anche album interessanti, senza raggiungere tuttavia gli eccellenti livelli del passato.
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