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SONIC SYNDICATE + THE SHIVER

Quei momenti in cui l’anonima periferia si rende particolarmente viva, e prende corpo il vigore della musica rock e metal ad accendere le luci e gli animi di pezzi di città che sembrano completamente avulsi da qualsivoglia logica di vitalità e di socializzazione. Il merito va al Circolo Svolta di Rozzano (MI), che spesso e volentieri ospita eventi che radunano gli appassionati più sanguigni di questi generi. E l’evento in questione, datato giovedì 27 aprile, desta sicuramente particolare interesse, dato che ospita una delle due tappe italiane del tour europeo degli svedesi Sonic Syndicate, che uniscono aggressività metal e melodie immediatamente percepibili, sulla scia di band come i connazionali Amaranthe, non a caso band alla quale loro hanno fatto recentemente da supporto. Il loro ultimo album ‘Confessions’ si svicola abbastanza dai dettami più duri fatti in quel momento, concentrandosi invece su un sound dal sapore estivo, quasi da discoteca, ma senza dubbio denso di buoni spunti qualitativi. Ad accompagnarli in questo tour europeo una band italiana che sa dosare al meglio purezza rock e atmosfere wave, sintesi suggellata al meglio sia in ‘The Darkest Hour’, che nel fresco di uscita ‘Adeline’ che pongono i viterbesi The Shiver sulla buona scia del panorama alternative italiano. Nella data di Rozzano si parlano anche diversi altri verbi, da quello del pop-rock a quello del metal più estremo, grazie a giovani realtà italiane di particolare interesse che riempiono l’ampio spettro delle band italiane underground, e che rendono la serata sicuramente succulenta e piena di carne al fuoco.

Inizia questa lunga tacabanda il metal estremo dei bresciani Eisen, che fanno calare fin da subito drappi oscuri di considerevole disagio metallico, con il growl molto profondo di Tito a testimoniare la cattiveria dotata di buon tecnicismo di questa combo. Particolarmente pulita ed organica la performance degli Eisen, che sanno dosare death metal, inserti progressive e djent con buon piglio e sano vigore. Riescono a farsi apprezzare anche da chi non è particolarmente ben addentrato all’interno delle sonorità più estreme, grazie appunto ad una buona pulizia dei suoni, che raggiungono una gradevole credibilità e prontezza.

A seguire, il set dei milanesi Unsylence. O meglio… quello che sarebbe dovuto essere il set degli Unsylence, dato che si è rivelato per il sottoscritto forse il concerto più breve mai assistito. Motivazione: corda della chitarra di Davide Roccasilvana fuori uso durante il primo brano, ed impossibilità dichiarata dalla band di continuare causa mancanza di materiale di scorta, che sia chitarra o determinate corde. Non essendo la prima volta a cui si è dovuto assistere ad una scena simile, con annessa mancanza di professionalità, si preferisce non commentare oltre…

Si ritorna su binari molto più accettabili con il pop-rock degli Under The Snow, recentemente riformatisi e che sembrano far scorrere al loro interno una bella linfa. Il loro è uno show convincente, ben tirato e molto organico, soprattutto dal punto di vista della costruzione delle strutture musicali su cui si poggia la voce di The Joe, strutture davvero interessanti e ricche di spunti pieni di godibilità. Da menzionare in tal senso le linee di chitarra di Davide Calloni, piene di melodia british rock style sempre di sicuro affidamento, e la base tastieristica di Randy De La Cruz, che dà quel tocco elettro-pop che accontenta tutti. Non sempre sulla stessa linea di qualità la voce di The Joe, sicuramente espressiva ma non particolarmente incisiva in certi punti, che però non pregiudica la prova più che buona della band milanese, in attesa dei loro nuovi lavori.

Si ritorna nei bassifondi più viscerali del metal con i giovani These Words Last Forever, che promuovono il verbo del deathcore con sana vitalità e con la giusta sfrontatezza. Aggressività, senso di liberazione, divertimento e decisione sono le caratteristiche che più si addicono quando si assiste ad un loro show. La voce di Nick Andriolo tocca, a volte, punte di tuonante brutalità, degne delle peggiori bestie mitologiche, a testimonianza del loro alternarsi di death, groove e brutal, in un vortice senza soluzione di continuità, e che trascina la folla accorsa. Non sono mancati momenti di autentica goliardia, con l’ascesa sul palco di amici della band a dimenarsi con loro nel bel mezzo del groove metal proposto. Avanti così, i ragazzi possono crescere bene.

Si arriva quindi all’esibizione dei co-protagonisti della serata, e dell’intero tour europeo. In una terra come Viterbo dove non è facile emergere, è fondamentale quindi tenere duro e credere nei propri obiettivi e nelle affascinanti ambizioni. In questi anni, i The Shiver ci stanno riuscendo come meglio non potrebbero a ritagliarsi uno spazio importante nell’underground rock italiano e non solo. La tenacia, la professionalità, ed ovviamente la grande qualità dei musicisti che ne fanno parte ha permesso loro di crescere sempre in meglio, e di costruire una propria sfera professionale che non include solo la creazione di musica propria in studio e live, ma anche il confronto con i colleghi ed aspiranti tali con la creazione della Backstage Academy, e quindi la divulgazione del credo musicale ed il pieno supporto finalizzato alla crescita artistica di chi ha davvero voglia di emergere e di dire la propria in ambito musicale. Doveroso preambolo ad un’esibizione come quella di Rozzano che merita, merita e merita. Nonostante la setlist un po’ scarna dovuta alla pienezza della serata, l’energia è stata massima, e l’obiettivo pienamente centrato. La band pesca i pezzi più importanti del nuovo ‘Adeline’, e dà spazio anche alle uscite precedenti, accontentando soprattutto chi segue da più tempo la band. Il tempo di dosare bene la voce da parte di Faith durante la title-track, e poi, una volta raggiunto il completo calore, è un tragitto tutto in discesa, coinvolgente e portentoso. Come si dice quelle parti: c’ha messo er core. E come portentosi sono stati gli apporti dati dai vari musicisti, in un gioco di interscambi di grande naturalezza e scioltezza. La chitarra di Matteo Menichelli ed il motore a propulsione nucleare che è stata la batteria di Finch Russo, assieme ai giochi di synth ed alle coreografie sciamaniche di Faith sono stati il fattore dominante di uno show contenuto, ma pienamente completo ed appagante; la conclusiva “Electronoose” è la prova provata della loro forza. Soddisfazione. 

Ci si aspettava un audience decisamente più nutrita per lo show dei Sonic Syndicate. La trentina e poco più di presenti non ha certo fatto onore per una band che ha sicuramente calcato pachi con presenze decisamente maggiori. Ma ciò non ha influito minimamente sulla prestazione della band che, in poco più di un’ora, hanno creato un gradevole scompiglio tra la folla accorsa. Nathan Biggs catalizza subito l’attenzione con la sua stazza ed il suo coinvolgimento scenico. Scorazza da una parte all’altra del palco, salta su e giù come una molla, e nonostante la sua prestazione vocale non sia stata pienamente ottimale (molto probabilmente a causa di condizioni di salute non particolarmente brillanti accusate la sera prima), ha comunque reso felici tutti i presenti. Il loro show è stato un mix di metal moderno, pizzichi di heavy metal classico da cui sicuramente provengono, escursioni da dancefloor, sudore, vitalità e gioia. Ingredienti fondamentali per uno show live come il cielo comanda, e quando la voce di Biggs non raggiunge i massimi livelli, ci pensa il supporto costante dei suoi compagni di viaggio e di avventura Sonic Syndicate: Robin Sjunneson e Michel Bärzén tengono viva la perfomance a bordo dei loro strumenti, e la ritmica sostenuta di Peter Wallenäs alla batteria dà il contributo vitale per uno show all’altezza. Una figura dal carisma notevole come quella di Nathan Biggs non poteva esimersi dal coinvolgere il pubblico in una serie di simpatici dialoghi, e coinvolgendo soprattutto Sjunneson creano uno show a tutto tondo; nonostante la poca affluenza non si sono risparmati poghi concitati e qualche crowdsurfing, soprattutto nei momenti in cui i Sonic Syndicate premono il piede sull’acceleratore e le ritmiche si fanno forsennate. Anche loro, come quasi tutte le band che hanno partecipato, centrano l’obiettivo, a dimostrazione del fatto che, sopra ogni cosa, ci vuole passione nel fare il proprio mestiere. E sentendoli suonare, vedendoli dal vivo, nonché scambiando cordiali battute alla vigilia dello show ed anche dopo, questa passione traspare in tutta la sua interezza.

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