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PLAY IT LOUD! FESTIVAL

[POWERFUL] Ad aprire le danze ci pensano gli italianissimi Powerful, recente acquisto della My Graveyard Productions con un disco d’esordio in uscita a breve. Il loro è un compito difficile e ingrato: a causa di alcuni ritardi sulla tabella di marcia il gruppo è infatti costretto ad iniziare a suonare proprio all’apertura dei cancelli, col risultato che molti (me compreso) sono costretti a perdersi la loro esibizione perché impegnati con le procedure d’ingresso. Ciò nonostante, da quel poco che sono riuscito a sentire la band riesce perfettamente ad assolvere il suo compito, mettendocela tutta nel proporre al poco pubblico presente (e affluente) il loro "super metal". Onore al merito, dunque, all’impegno profuso dai cinque vicentini, che ci riserviamo di poter meglio ascoltare in un’altra occasione. [chiccothebest] [BATTLE RAM] C’è appena il tempo per un rapido cambio-palco ed è subito il turno dei marchigiani Battle Ram e del loro heavy metal epico e battagliero. Il locale è ormai pieno e i nostri non si fanno certo pregare: la coppia d’ascie Gianluca Silvi - Davide Natali sfodera riffs uno più poderoso dell’altro, la voce del bravissimo singer Franco Sgattoni è al massimo storico, la sessione ritmica precisa e potente; il pubblico, naturalmente, gradisce e si lascia coinvolgere. Pezzi come “Battering Ram” (vero e proprio inno della band) ormai non hanno più bisogno di presentazioni, e la folla presente ai piedi del palco li intona a gran voce: ai cinque di Ascoli, ormai, non manca altro che registrare l’attesissimo album d’esordio. Menzione speciale alla simpatia di Gianluca Silvi e della sua cricca, con cui abbiamo avuto modo di conversare a lungo dopo lo show. [chiccothebest] [ASSEDIUM] E’ tempo di un'altra band e sul palco di un già affollato Buddha fanno il loro ingresso gli Assedium. Reduci dall’ottimo disco d’esordio intitolato “Rise Of The Warlords”, acclamato sia dai fan che dalla critica, i nostri salgono sul palco del Play It Loud Festival carichi di motivazione e il loro seppur breve setlist, nonostante l’ardua concorrenza, sarà di quelli da ricordare. L’apertura è affidata a “Messenger Of Chaos” e il pubblico si dimostra fin da subito partecipe ed entusiasta dell’esibizione della band anche grazie all’ottima attitudine da frontman dimostrata da Luca “Fils” Cicero, autore di una buona prestazione vocale e sempre pronto ad interagire col pubblico. Si prosegue con l’indiavolata “Sacred Vengeance”, brano capace di scaldare a dovere l’animo dei presenti e che mette a dura prova l’ascia solista di Guido, in bella mostra per tutto lo show nonostante non sia nella sua serata migliore. Il meglio però deve ancora venire, a fine concerto troviamo la cover di “Port Royal” dei Running Wild, che manda in visibilio i presenti, ed “Imperial Dream”, vera gemma e già cavallo di battaglia di questo giovane gruppo. Gli Assedium si sono dimostrati una band valida e meritevole del successo ottenuto e non c’è da stupirsi se a fine concerto la folla acclamava a gran voce il loro nome. Una prestazione sopra le righe che ci fa ben sperare in un futuro roseo per questa nuova ma già consolidata realtà del Made In Italy. [ColdNightWind] [BATTLEROAR] Purtroppo il tempo è tiranno: neanche il tempo di riprendersi dopo la scoppiettante esibizione degli Assedium, che dopo pochi minuti è già il turno dei greci Battleroar, altra grande realtà dell’epic metal europeo. La compagine ellenica è capitanata dal grande Marco Concoreggi, vocalist eccezionale e persona squisita, che con le sue pose da vero rocker riesce a rendere ancora più coinvolgente il muro metallico creato dai suoi compagni d’arme. La musica dei Battleroar, epica e cadenzata, non è di facile assimilazione né di impatto immediato; tuttavia la performance della band spazza via qualsiasi dubbio sulla tenuta live di una proposta musicale tanto complessa. Il pubblico si è dimostrato molto coinvolto dall’esibizione ed ha tributato al gruppo il giusto riconoscimento, consacrandone un meritato successo. I momenti più emozionanti sono stati senz’altro quelli di “Dyvim Tvar” e “Siegecraft”, quelli più coinvolgenti “Victorious Path” e “Battleroar” (ultimo brano del set). [chiccothebest] [IRONSWORD] Direttamente dal Portogallo arrivano gli Ironsword, Epic Metal band alla sua prima calata in terra italica. Quando il trio fa il suo ingresso sul palco del Play It Loud buona parte dei presenti va in visibilio e già durante le prime canzoni è una bella impresa per i fotografi sotto al palco schivare piedi, mani e qualunque parte di essere umano coinvolta nel pogo sotto al palco. Il cantante e chitarrista Taan, leader della band, fa sfoggio del suo carisma e delle sue “prelibate lezioni di italiano” per scaldare il pubblico a suon di parolacce e accompagnarlo tra i brani più riusciti del combo portoghese come “Brothers Of The Blade”, “Under The Flag Of Rome” e la tirata “Nemedian Chronicles” che sconvolge l’intero Buddha. Inutile negarlo però, le lacune tecniche ci sono eccome ma tanto è il trasporto e la passione dimostrata dal pubblico che queste lacune passano quasi del tutto inosservate. Uno show di puro metallo fuso sotto l’astro di uno dei personaggi più significativi del genere. [ColdNightWind] [DARK QUARTERER] C'è chi ritiene che i Dark Quarterer rendano più su album che dal vivo, c'è chi li considera poco efficaci sul palco per via della complessità del genere da loro proposto, ma c'è anche chi li glorifica elevandoli ai vertici del metallo italico indipendentemente dal fatto che suonino in studio o in concerto. Su una cosa non c'è dubbio: sicuramente i Dark Quarterer si sanno distinguere. Soprattutto in un contesto tradizionalista come il Play It Loud. Classe da vendere, tecnica impareggiabile, atmosfera palpabile e soprattutto tanta, tanta personalità. Già il modo in cui Gianni Nepi si pone sul palco è un marchio di fabbrica per la band, a partire dall'inconfondibile abbigliamento a base di cappello e giacca di pelle lunga. Un concerto assolutamente fuori dai canoni dell'Heavy Metal propriamente detto e per questo ancora più interessante e raffinato. L'incredibile voce di Gianni Nepi, la perizia chitarristica di Francesco Sozzi, l'impeccabile precisone di Paolo Ninci alla batteria hanno contribuito ad un'esecuzione sopraffina sia dei pezzi tratti da “Violence” che di classici intramontabili come “Retributioner” e la stessa Dark Quarterer, che ha chiuso le danze rischiando di strapparmi una lacrima. A mio parere il miglior concerto della giornata insieme a Raven e Blitzkrieg. [Drake] [CRYING STEEL] Un come-back tra i più attesi quello dei bolognesi Crying Steel che ad inizio Febbraio hanno pubblicato per la My Graveyard Production il loro nuovo album “The Steel Is Back”, tornando così a registrare in studio dopo l’acclamato “On The Prowl” targato 1987. La prima sorpresa riguarda la mancata presenza sul palco di Alberto Simonini, storico chitarrista della band, costretto a casa da seri problemi di salute (In bocca al lupo Alberto!). Solo negli ultimi giorni gli stessi Crying Steel hanno annunciato sul loro sito ufficiale l’inserimento in line-up di un nuovo chitarrista. L’assenza del secondo axeman non condanna però la prestazione della band capace di sfornare una prestazione sopra le righe degna del clamore che questo festival era riuscito a suscitare. La seconda sorpresa sta nella setlist della serata, dedicata quasi interamente al nuovo album “The Steel Is Back” che riesce a coinvolgere ed entusiasmare il pubblico. Trainata dal proprio singer Luca Bonzagni la band chiude con un tributo al passato eseguendo “Ivory Stages” e l’immortale “Thundergods”. Un ritorno entusiasmante per i Crying Steel i quali non sembrano proprio aver perso lo smalto di un tempo. [ColdNightWind] [PARAGON] Non mi sarei aspettato tuoni e fulmini dall’esibizione dei tedeschi Paragon, ma la band dell’axeman Martin Christian ha saputo smentirmi. Nonostante la loro proposta musicale, tra l’Heavy e il Power Metal di stampo decisamente tedesco, non sia tra le più fresche ed originali la band di Amburgo ha sorpreso la platea con un sound aggressivo e d’impatto, con la doppia cassa del batterista Christian Gripp sempre il bella vista. Taglienti come lame le due asce hanno sancito l’incedere di questo set, dedicato quasi completamente ai brani del loro ultimo album “Revenge” dai quali ci si è concessa una pausa per presentare un nuovo pezzo estratto dal loro prossimo disco intitolato “Forgotten Prophecies”. Guidato dal carismatico frontman Andreas Babuschkin il combo tedesco fa il suo lavoro senza perdersi in troppi fronzoli procedendo come un carro armato con la linearità della loro proposta musicale. Un concerto piacevole con uno dei sound più grezzi della giornata, assieme agli Ironsword, che ha saputo divertire il pubblico. [ColdNightWind] [SKANNERS] Ultimi tra gli italiani ad esibirsi questa sera sono gli Skanners, band di punta dell’Heavy Metal made in Italy che sale sul palco del Play It Loud prima delle registrazione del loro nuovo album intiolato provvisoriamente “Underground Rules”. Capitanata dal vulcanico singer Claudio Pisoni la band di Bolzano la fa da padrone sul palco dal Buddha sfornando uno dei concerti migliori della giornata. Come dicevamo l’esplosivo frontman Claudio Pisoni è il vero protagonista sul palco, una vera e propria scheggia impazzita che, oltre che svolgere al meglio il suo dovere di singer, corre, salta, si arrampica, grida e fa di tutto per incitare il numeroso pubblico presente che risponde a tono. Un viaggio tra i brani storici delle prime produzioni firmate Skanners con pezzi come “TV Shock”, eseguita in apertura del concerto, “Rock Rock City” e “Starlight” che trascina ed entusiasma i presenti. C’è tempo anche per eseguire alcuni brani dell’ultimo disco in studio intitolato “Flagellum Dei” tra i quali il migliore risulta senza dubbio “Time Of War”. Una prestazione maiuscola per gli Skanners, sempre più portabandiera dell’Heavy Metal di casa nostra. [ColdNightWind] [BLITZKRIEG] Nome storico della NWOBHM i Blitzkrieg devono la loro fama soprattutto al loro strepitoso esordio discografico del 1985, “A Time Of Changes”. Purtroppo solo “Armageddon” e l'immancabile omonimo inno autocelebrativo rendono onore a questo emblema del metallo britannico, mentre il resto dell'esibizione è stato incentrato sui pezzi nuovi, che seppure molto validi non possono pretendere di eguagliare il pathos che avrebbero suscitato altri classiconi d'epoca. Ottima invece l'idea di proporre un paio di brani tratti dall'esordio dei Satan (“Court In The Act”), altra celebre band inglese composta per 2/5 da membri comuni ai Blitzkrieg (cantante e batterista per la precisione). A livello compositivo gli stili delle due band sono talmente simili che capolavori come “Trial By Fire” e “Blades Of Steel” si integrano perfettamente nella scaletta. Per il resto, presenza scenica discreta, tecnica ed esecuzione generalmente sopra la media, niente eccessi particolari per un concerto sobrio e di tutto rispetto. Piuttosto insolita invece è stata la chiusura affidata ad un medley di “Electric Eye” ed “Hell Bent For Leather” dei Judas Priest che, seppure eseguito in maniera impeccabile, rappresenta per certi versi una caduta di stile per una band attiva fin dal lontano 1980… Altrimenti possiamo interpretare questa scelta anche come un genuino tributo ai padri dell'heavy metal, suonato col cuore e senza timore in un festival dedicato a veri Heavy Metal fan. [Drake] [RAVEN] Tocca ai famigerati Raven il compito di consacrare la prima edizione del Play It Loud occupando la prestigiosa posizione di headliner della serata. Che il gruppo inglese fosse ormai una garazia in campo live era fatto ben noto (ne è prova anche il leggendario Live At The Inferno del 1984, che è in grado di occultare da solo i tre eccellenti album in studio che lo precedono), ma bisogna ammettere che ogni volta non si può non rimanere stupiti da tanta intensità. Un'esibizione disinvolta, fluida e impeccabile con classici tratti da “Rock Until You Drop”, “Wiped Out” e “All For One” che si susseguono a ruota libera, mandando letteralmente in estasi l'intero pubblico e mettendo a dura prova le coronarie dei fan più sfegatati. Il loro "athletic rock" è quanto di più adatto si possa immaginare per un contesto live, grazie a una formula musicale vincente a base di ritmi incalzanti e melodie orecchiabili, che si prestano bene per un'esecuzione più energica e passionale che tecnica e meditata. L'attitudine selvaggia dei questi tre scalmanati (che a giudicare dal macello che fanno sembrerebbero essere almeno in dieci…) assicura come sempre una presenza scenica da primato, con tanto di pose tipicamente ottantiane e movenze adeguate. C'è poco da aggiungere… Nessuna nota negativa, semplicemente un concerto-modello carico di passione e difficilmente eguagliabile in termini di coinvolgimento. Sicuramente il miglior capitolo del Play It Loud insieme ai connazionali Blitzkrieg e ai nostrani Dark Quarterer. [Drake]

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