PARKWAY DRIVE
Seconda serata metalcore in due settimane al New Age, una vera manna per gli appassionati che in realtà come si è visto questa sera si muovono pochino. La data a Roncade degli australiani Parkway Drive era l’unica tappa italiana, e chi non c’era si è fatto sfuggire un’occasione d’oro; anche perché vista l’accoglienza non so quando i simpatici aussies torneranno dalle nostre parti… La serata inizia prima delle 22 con i THE MARCH OF SEASONS, band padovana che ha cominciato a spargere il proprio nome in tempi recenti. I padri putativi dei cinque sono senza dubbio i Darkest Hour dai quali ereditano riff, melodie e linee vocali (gli mancherebbe solo un chitarrista al livello di Norris e sarebbero dei cloni perfetti), e fin dall’attacco del primo brano ci si rende conto di avere davanti una band che sa il fatto suo. L’unico problema è dovuto al fatto che dopo tre canzoni i The March Of Seasons sono la classica band che ti fa sonnecchiare; un ensemble dunque ancora immaturo che speriamo possa crescere. L’affluenza continua ad essere molto bassa (ma ciò non ha impedito il formarsi di un circle pit al quale partecipavano ben due persone. Per la serie ‘i concerti americani de noantri’…), e cominciano i CARPATHIAN. Avevo solo sentito un paio di brani su myspace e mi erano sembrati più che validi con il loro hardcore spruzzato di metal; tutto ciò è crollato subito: pezzi brevissimi, suonati male e con poca perizia e con una svogliatezza che non poteva certo essere imbarazzo o inesperienza, e che soprattutto non deve manifestarsi quando si suona davanti a gente che ha pagato contante per vederti. La scusa dell’influenza non regge (tosse e mal di gola serpeggiavano tra i membri di tutte e tre le bands), e i Carpathian lasciano il palco tra l’indifferenza di tutti se si escludono i soliti scalmanati delle prime file. Stesso identico discorso per gli ON BROKEN WINGS. La loro performance è la copia carbone dei Carpathian con i brani più lunghi e leggermente più articolati. Potrei anche fermarmi qui: metalcore banale (già su disco) che entra da un orecchio ed esce per l’altro, il tutto inficiato dalla scarsa presenza scenica e da una performance strumentale a dir poco pietosa. Un’altra bocciatura dunque, per fortuna l’ultima della serata. Eh si, perché le cose si risollevano (anche se non in maniera poi così massiccia) con i PARKWAY DRIVE. “Gimme A.D.” irrompe subito sulla testa dei presenti, la band è in forma nonostante l’influenza/tosse/mal di gola e il massacro è assicurato. Gran parte dell’ottimo “Killing With A Smile” è sviscerato in faccia ai presenti che però, paradossalmente, non reagiscono poi molto. Viene proposto un brano inedito che finirà sul prossimo disco, si rivela più che buono (del resto è palese, i Parkway Drive sono una band con le palle quadrate al contrario dei loro compagni di tour), ma il set viene tagliato per non ben precisati motivi. La band ha suonato per meno di un’ora. Un peccato, anche per via dell’affluenza. Speriamo di rivederli presto in condizioni più consone.
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