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GODS OF METAL 2009 ::: Part II

[CYNIC] Giunto al Brianteo subito dopo l'esibizione degli Static X, riesco a vedere dall'inizio i Cynic, che suonano per la prima volta al Gods of Metal, cercando di mettere in scena il meglio della loro storia (due dischi in tutto, ma un 'Focus' leggendario), senza però andare oltre una striminzita sufficienza, più per stima che per altro. Il pubblico, più che caldo, è cotto dal sole a mezzogiorno, e il death ultratecnico e articolato della band statunitense non riesce a ravvivare più di tanto una platea di corpi abbrustoliti e semi agonizzanti. Un plauso in ogni caso a Paul Masvidal, un pezzo di storia che si è materializzato a pochi metri da noi... [Eomer] [NAPALM DEATH] Dopo l'odore del napalm di mattina elogiato in Apocalypse Now, a noi è toccato il suono dei Napalm Death all'ora di pranzo: manca infatti poco alle ore tredici quando il quartetto inglese sale on stage con tutta la sua veemenza. Alfieri di un grind/death da sempre intollerante verso le buone maniere, i Napalm Death, in poco più di mezzora, scatenano sotto il palco una vera e propria bolgia infernale, dando la prima forte scossa a questa torrida domenica estiva. Mostrando un'esperienza maturata in oltre venticinque anni di carriera, Greenway e soci non deludono neanche a volerlo, sciorinando una serie di brani eseguiti con la consueta inarginabile energia: "Scum", "From Enslavement To Obliteration", "Suffer The Children", "Siege Of Power", tanto per dirne qualcuna... pare poco? [Eomer] [SAXON] The eagle hasn't landed. Non questa volta. Lo show pomeridiano dei Saxon salta per via di una tempesta che non ha permesso alla band inglese di arrivare in Italia in tempo dopo lo show della sera prima tenutosi in Repubblica Ceca. Un vero peccato, anche se vederli suonare relegati in questa posizione del bill sarebbe stato un vero dolore. [ColdNightWind] [MASTODON] Dopo aver dedicato diversi ascolti allo schizofrenico 'Crack The Skye' senza riuscire a formulare un commento diverso da dei semplici suoni a caso di fronte a cotanto stupore è giunta l'ora di affrontare i Mastodon anche in sede live. Ed è proprio l'ipnotica immagine della copertina dell'ultimo album a capeggiare dietro allo stage dove sale sul palco il combo americano, che si presenta con barba e capelli trasandate per dare un'immagine ancora più forte di se. Si parte con "Oblivion" e man mano la band fa capolino agli altri album della sua carriera, riservando le parole tra un brano e l'altro con il contagocce e facendo abbondante sfoggio di carica, follia e tecnica. "The Wolf Is Lose" lascia il segno e la nuova suite "The Czar" è un vero e proprio monolite mastodontico che ti si pianta nell'orecchio. I Mastodon sprizzanogenio e follia e lasciano il segno però certo, non tutti gli avranno digeriti. [ColdNightWind] [TARJA] A confronto con i musicisti che l'accompagnano sul palco l'ex cantante dei Nightwish Tarja Turunen sembra quasi una sconosciuta. Kiko Loureiro (Angra) alla chitarra, il bestiale Mike Terrana (Masterplan, ex-Rage, ex-Malmsteen, Axel Rudi Pell, ecc. ecc.) alla batteria, Doug Wimbish (Living Colour, Madonna, Rolling Stones) al basso hanno un "palmares" mica da poco, ed assieme a loro su questo "colorato" stage troviamo l'ex Apocalyptica Max Lilja al violoncello e alle tastiere Maria Ilmoniemi. E la bella Tarja viene accolta da un vastissimo nugolo di fan assiepati sotto al palco ai quali, molto probabilmente, lo split con i Nightwish non è andato giù granché. L'esibizione di quest'oggi dedica gran parte del tempo ai brani della sua neonata carriera solista, piuttosto "fiacchi" a parere di chi scrive, come "My Little Phoenix", "I Walk Alone" e "Sing For Me", mentre sono gli inevitabili passaggi all'era della band di Tuomas a generare l'ovazione del pubblico, nella fattispecie con "Wishmaster" e "Nemo". C'è spazio anche per la curiosa cover abbondantemente rivisitata di "Poison" del buon Alice Cooper . Chiusura affidata alla "classica" "Over The Hills And Far Away" e alla nuova "Die Alive". Tecnicamente ineccepibili e con Tarja in versione solista che riesce, con moderazione, a tenere tutto il palco. Certo, le metal-queen erano altre, lei o la si odia o la si ama. [ColdNightWind] [DOWN] I Pantera erano un'altra cosa, ma Phil Anselmo è sempre Phil Anselmo: in questa duplice (tanto inattaccabile, quanto inutile?) tautologia è racchiuso tutto ciò che penso dei Down e del loro show al Gods Of Metal 2009. Giù il cappello dunque dinnanzi ad uno dei frontman più esplosivi che il mondo metal abbia conosciuto dai ninties in avanti, capace ancora di dominare come pochi la platea e di caratterizzare ogni brano con il proprio unico stile vocale; peccato che, d'altra parte, almeno per quanto mi riguarda, la proposta del combo americano non riesca a coinvolgere più di tanto, nonostante i parecchi estratti da quello che reputo uno dei loro dischi più riusciti (il debut 'NOLA'). Pollice su in ogni caso, anche se non è stata un'esibizione da raccontare ai nipotini. [Eomer] [BLIND GUARDIAN] L'emozione è palpabile. Al Brianteo nel 2002 avevo assistito al primo show della mia miserabile esistenza dei bardi di Krefeld e ritrovarmi qui adesso rievoca molti piacevolissimi ricordi. Parte "War Of Wrath" e mi sembra di essere a venti chili fa quando ero delirante in seconda fila, pelle d'oca. Bum, "Into The Storm". Poi spazio ai grandi classici "Time Stand Still (At The Iron Hill)" e "Nightfall" e i nostri dimostrano di saper dire ancora la loro. Non me ne vogliano ma tra i brani vecchi e nuovi c'è un mezzo abisso, e alla "pomposità" delle recenti "This Will Never End", "Turn The Page" e "Sacred", tristemente composta per l'omonimo videogioco, rispondono le "spartane" "Traveller In Time", "Goodbye My Friend" e la sempre gradita "Valhalla". Gradita, graditissima sorpresa per il ritorno in scaletta di "Blood Tears" quindi gran finale, da manuale, con "Imaginations From The Other Side", "The Bard's Song" e "Mirror Mirror". Tra tutto questo popò di brani però viene da mangiarsi le mani se si pensa ad una resa audio che ha creato un po' di problemi alla coppia Olbrich/Siepen alle chitarre, al fatto che un loro concerto al buio avrebbe guadagnato moltissimo in "fascino" e che la sera prima, da headliner al Bang Your Head, avevano sfoggiato un set quasi da "best of". E il buon Hansi? Un po' sugli scudi, saggio nel gestire delle parti complesse in maniera più "soft" ma esagerato, in negativo, quando in un mini-sing along con il pubblico tira certi urlacci quasi da farti cambiare idea. Ma noi gli vogliamo sempre bene, io soprattutto, quindi non vedo l'ora di vedervi di nuovo "ragazzi". [ColdNightWind] [CARCASS] Dopo il come back dello scorso anno, i Carcass tornano a calcare le assi del Gods, offrendo una performance di livello assoluto, forse ancora meglio di quanto visto a Bologna nel 2008. La partenza è da cardiopalma: "Corporal Jigsore Quandary", probabilmente il pezzo più noto della band, è una calamita per tutti quelli che, ancora con i Blind Guardian nelle orecchie, non si aspettavano un inizio così spietato. Il quartetto di origine inglese sa cosa vuole il pubblico e sfodera quindi una setlist di tutto rispetto, che pesca a piene mani dai primi quattro lavori lasciando unicamente a "Keep On Rotting In The Free World" la rappresentanza dell'ultimo studio album 'Swansong'. Sono apprezzate in egual misura dai presenti le malsane "Reek Of Putrefaction" ed "Exhume To Consume" prese da 'Symphonies Of Sickness', così come le più composte "Buried Dreams" e "No Love Lost", estratte dal periodo più maturo della band. Ineccepibili dal punto di vista tecnico, ma anche carismatici quanto basta, Jeff Walker e Co. danno il meglio nell'incandescente finale che vede in sequenza l'esecuzione prima della splendida "Heartwork" e poi dell'inossidabile "Carneous Cacoffiny". Una performance sconvolgente. [Eomer] [DREAM THEATER] Non vorrei ma sistematicamente mi ritrovo a recensire un concerto dei Dream Theater, per l'ennesima volta . Band che non rientra propriamente nel mio "roster"di appartenenza ma che rivedo sul palco già per la quarta volta in pochi anni. Passati i romantici tempi di uno show tutto dedicato ad 'Images & Words' il combo di Portnoy e soci attacca con "In Presence Of Enemies – Pt. 1", estratto dal precedente album 'Systematic Chaos'. Coreografia pressoché inesistente per lasciare spazio alla musica, ed è inutile lodare l'abilità esecutiva dei cinque americani che sembrano, nonostante il tempo passi anche per loro, incapaci di perdere qualche colpo. L'unico estratto dal neonato 'Black Clouds And Silver Lining' presente in scaletta è "A Rite Of Passage", scelta condivisibile in quanto l'album è appena uscito nei negozi e riceverà sicuramente più spazio nel set durante il tour di questo inverno. Dopodiché spazio ai grandi classici con qualche gradita sorpresa al seguito, a "Caught In A Web" risponde l'inaspettata "Erotomania", quindi spazio ad una mini-versione di "Voices" per poi confluire nel gran finale con "Pull Me Under", nella quale il finora ineccepibile James LaBrie non sbaglia ma perlomeno mostra segni di umanità, e quindi con "Metropolis". I Dream Theater sono sicuramente sinonimo di garanzia e qualità, ma non lo scopriamo certo oggi, e questa è stata l'ennesima inconfutabile prova che i loro fans continueranno a seguirli con infinito affetto. [ColdNightWind] [SLIPKNOT] Gli Slipknot ritornano sul luogo del delitto. Già presenti allo stadio Brianteo nel 2000, quando furono oggetto di qualche lancio di bottiglia (il grosso venne riservato ai Methods Of Mayhem), i nove mascherati dall'Iowa ricalcano le scene del principale happening tricolore nelle vesti di headliner. E questa volta vengono accolti come meritano. La diffidenza di qualche anno fa, anche in virtù di svariati concerti tenuti in Italia sempre con discreti risultati, si è completamente dissolta e la gente ha finalmente capito che le maschere servono unicamente a coprire i volti dei musicisti e non a nascondere un proposta musicale poco significativa. Inquietanti fin dal proprio ingresso, con la consueta intro in un loop deviato e demoniaco, i nostri mettono in scena uno show davvero entusiasmante sia dal punto di vista musicale che da quello visivo, con un palco articolato e pulsante che sembra faticare a contenere l'energia sprigionata dalla band. I presenti possono così godere di una performance da veri headliner, con una setlist bilanciata tra vecchio e nuovo, in grado di accontentare tutti: le classiche "Spit It Out" e "Wait And Bleed" spaccano come sempre, ma anche le più recenti "Before I Forget" e "Sulfur" non sono da meno. Insomma, il carrozzone degli Slipknot ha dimostrato ancora una volta di meritare il successo fin qui ottenuto e il ruolo di headliner al Gods 2009, per buona pace di chi ancora li vede unicamente come un branco di pagliacci. [Eomer]

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