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CROWBAR

Troppo facile suonare Sludge Metal di questi tempi, o meglio definirsi una Sludge metal band visto il successo che sta riscuotendo il genere. Ma farlo quando la definizione non esisteva, allora si che bisogna sottolineare la cosa. I Crowbar di Kirk Windstein non hanno mai raccolto il giusto merito alla loro musica, in un periodo (prima metà dei 90) dove la catalogazione era fondamentale e se suonavi al di fuori di certi confini, spesso venivi sottovalutato in sede di recensione. E così la band finì per diventare famosa soprattutto per essere stata la famiglia del bad boy più famoso del metal in quegli anni, quel Phil Anselmo che ancor prima della fama coi Pantera, giovanissimo e tra tante difficoltà, affrontava la vita da solo, trovando spesso riparo e protezione nella crew di Windstein. Ma il tempo spesso è galantuomo ed ora questo nome seminale dello Sludge metal arriva a Roma, al Traffic, in una serata che si è rivelata una vera e propria festa. A fare gli onori di casa due ottime band romane, i SixtySix e i Southern Drinkstruction; groove metal per i primi a salire sul palco, guidati da un frontman carismatico, perfetto nell’aprire lo show e coinvolgere un pubblico già abbastanza numeroso. Il suono heavy della band e le movenze sul palco del vocalist ci ricordano Phil Anselmo ed i Pantera e questo ci fa molto piacere vista la qualità dei pezzi suonati. Un ottimo inizio, non c’è che dire. Con i Southern Drinkstruction lo spettacolo decolla al grido di Death n’ Roll. Pezzi tiratissimi, ritmiche arrembanti e una chitarra che tira fuori riff a non finire, uno meglio dell'altro. Dal vivo sono un treno merci che trasporta birra, la loro musica e straripante, energica e divertente. Cosa volere di più. Con i Monumental da Milano si passa ad uno stoner molto pesante. I brani proposti dal vivo hanno un bell’impatto; basso potente sulla stessa linea delle chitarre ed un cantante con grande presenza scenica, la cui voce gioca su toni alla Glen Danzig tra un urlo e l’altro. Il tempo di suonare un paio di brani ed i ragazzi si sciolgono, entrando subito in sintonia con l’atmosfera festaiola della serata, magari non molto sciolti i due chitarristi ma va bene lo stesso. Siamo giunti alla mezzanotte ed il momento della band di New Orleans è arrivato. Kirk Windstein ha capito da un pezzo che la serata è di quelle che si vivono tra amici e sale sul palco col sorriso e la serenità di chi non ha bisogno di dimostrare nulla. Suona la sua chitarra stando praticamente a bordo palco, piegato sulle prime file, dove ci sono quasi tutti i ragazzi che hanno suonato prima di lui. Manda bacini e sorrisi, ma quando canta la sua voce fa paura, corrosiva e consumata dal tempo, ma incredibilmente potente, come una lama arruginita che ti passa i timpani. "Conquering", "Self-Inflicted", "The Cemetary Angels", "New Dawn", "Vacuum", suonate con potenza, con un Tommy Bukley devastante con un solo tom e il tamburo. Alla fine appena 55 minuti suonati con diverse pause tra un brano e l’altro. Forse la lunga barba di Kirk comincia a far sentire il suo peso o forse non vedeva l’ora di mettere il suo bel capoccione tra le boccie della mogliettina, il concerto è finito e va bene così. Gran bella serata e tutti felici. Foto a cura di Martina Merighi - 'NinaRamirezArt'

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