CALIBAN/BLEEDING THROUGH
Il concerto di Caliban/Bleeding Through eccetera è stato salutato da tutti gli appassionati come una sorta di ‘serata metalcore definitiva’; una sorta di Flame Fest in miniatura insomma. Tutte cose vere e molto belle, che sono state minate solamente da una presenza appena disceta (ma è vero che le date italiane erano tre e i ragazzotti tedeschi non sono certo gli Iron Maiden); ma saltiamo ai preliminari e passiamo al concerto, chè di cose da dire ce ne sono anche troppe. La serata si apre con i giovani australiani I KILLED THE PROM QUEEN, freschi dell’uscita di “When Goodbye Means Forever”, disco in realtà men che mediocre. Devo dire però che sulle assi del palco la band si è comportata in modo egregio, dando il 100% e donando ai pezzi (scarsi su disco) un tiro clamoroso, che magari faceva comunque trasparire la banalità degli stessi ma che ha coinvolto alla grande gli ancora pochi presenti. Una prova davvero positiva; i ragazzi sono promossi. Gli ALL SHALL PERISH erano forse la band più estranea al contesto della serata con il loro deathcore dall’alto tasso tecnico. La cosa non gli ha comunque impedito di coinvolgere il pubblico (inclusi tre luminari che hanno improvvisato un circle pit; in tre, esatto) e di sparare le proprie cartucce tratte da “Hate. Malice. Revenge” e “The Price Of Existence” con precisione strumentale invidiabile e una tenuta di palco del frontman, un perfetto incrocio genetico tra Mr. T e PulPul degli Ska-P, davvero superlativa. Entrambi i due album sono stati saccheggiati e quando finito l’ultimo brano, “Eradication”, viene suggerito da bordo palco che ci sono ancora tre minuti, gli statunitensi si lanciano in un’orribile cover di “Breaking The Law” dei Priest che è stata cantata da tutti. Godibilissimi. Il New Age comincia a scaldarsi con l’arrivo dei BLEEDING THROUGH; forse una delle band più interessanti dell’ondata metalcore americana, che hanno fatto veramente il boom con l’ultimo “The Truth”. Anche in Italia a quanto pare vista la grossa quantità di gente (incluse un manipolo di emo girlz, omfg) che ha cantato i brani e partecipato allo show. Si inizia come da copione con “For Love And Failing”; il massacro c’è già da subito, fomentato soprattutto da Brendan, un vero ciclone che non sta fermo un attimo, fa cantare e ripropone magnificamente le sue liriche amorose. Impeccabile sia in pulito che in screaming, Schieppati si rivelerà in effetti il membro più attivo e scatenato della band (ad eccezione di Marta che headbanga costantemente ma che è confinata dietro i suoi tasti d’avorio) mentre gli altri svolgeranno il compito per bene in modo tutto sommato contenuto. “Love In Slow Motion”, “Love Lost In A Hail Of Gunfire” (paura fin dall’intro), “On Wings Of Lead” e la conclusiva “Kill The Believe” hanno marchiato a fuoco un New Age caldo come l’inferno. Gli headliner morali per chi scrive e anche per molta gente presente quella sera. E così si arriva ai CALIBAN, ormai sempre più pompati da Roadrunner (a ragione) e che attendevo con ansia. Li vidi infatti di supporto ai Machine Head due anni e mezzo fa e l’impression fu pessima; quale migliore occasione di un concerto da headliner dunque per farmi rimanere positivamente sorpreso? “I Rape Myself” e “The Revenge” aprono le danze; suoni da paura (gran pacca) e band in palla, i Caliban rapiscono l’audience da subito, che li incita e li supporta. L’esecuzione chirurgica dei pezzi è encomiabile, e il fatto che Schmidt e Gortz stonino in maniera vergognosa durante i cori passa tutto sommato in secondo piano grazie allo sbraitare di Andy ed all’ottimo lavoro della sezione ritmica. I Caliban (si, sono migliorati tantissimo, confermo) riescono a coinvolgere a lungo con brani costruiti su due riff, e di questo bisogna dargli atto. “Between The Worlds”, “Vicious Circle”, “The Beloved And The Hatred” ed un pezzo inedito tratto dall’imminente “The Awakening” intitolato “I Will Never Let You Down” che però mi è parso tutt’altro che interessante sono le ferite sanguinanti che i cinque tedeschi hanno inciso sulla carne dei presenti. Una band che finalmente può fare tour da headliner e riscuotere il giusto compenso di tanti anni passati in giro a suonare. Bravi, bravi e ancora bravi.
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