AVANTASIA
Tre anni dopo il bellissimo concerto tenutosi a Milano in occasione del tour di ‘The Mystery Of Time’, Tobias Sammet e la sua mega-creatura Avantasia tornano a scorrazzare in giro per l’Europa per promuovere e far gustare agli appassionati dal vivo il nuovo lavoro ‘Ghostlights’. Dopo i sold out registrati nelle date precedenti alla tappa milanese, ci si aspettata quanto meno un’audience numerosa anche per lo show dell’Alcatraz di martedì 22 marzo. E in effetti così è stato, sfiorando il sold out e permettendo che si svolgesse uno show di alti contenuti artistici. Come per le volte precedenti, anche in questa occasione si assisterà ad un concerto dalla durata strong di tre ore, e in effetti l’onere di raccontare in poche parole uno show così lungo e intriso di tanta sostanza si presenta duro a svolgersi. Ma la passione è tale per cui scrivere di cose belle ti alleggerisce il lavoro. E quindi addentriamoci nel mondo di Avantasia.
Davanti ad una poderosa scenografia, con un palco a più livelli e dove campeggiano sullo sfondo le immagini che simboleggiano ‘Ghostlights’, lo show inizia, dopo l’intro di “Così parlò Zahratustra”, con il brano che apre l’ultimo album, “Mystery Of A Blood Red Rose”, con Sammet che si impadronisce del palco e manda in visibilio il pubblico. Accompagnato bene da band (dove si segnalano alle chitarre il fido Oliver Hartmann e il super producer Sascha Paeth) e coristi (gli affermati Herbie Langhans e la sempre più bella Amanda Somerville), il folletto di Fulda si presenta subito particolarmente caldo sulle note di questo bellissimo brano. Dal brano successivo in avanti ci si accinge all’alternarsi delle voci che, durante gli anni dell’epopea Avantasia, hanno contribuito a fare grande questa creatura. “Ghostlights” vede scendere in campo Michael Kiske, un pochino in ritardo sul timing del brano, ma compensando il tutto con la sua notoria e splendida voce. È la volta poi della voce dei Pretty Maids, Ronnie Atkins, il quale sembra ogni volta compiere sforzi sovrumani mentre canta, quando si osservano solamente i muscoli del volto e del collo contrirsi, ma capace di dare col suo proverbiale timbro ruvidissimo delle dure sferzate rock di sicuro impatto. Sempre con Sammet a fare da supervisore e presente in quasi tutti i brani della lunga scaletta, si presenta la classe di un altro evergreen del rock classico mondiale, Bob Catley from Magnum, che con i suoi gesti ormai rituali cattura il pubblico, associando la sua presenza ad una voce che, col passare degli anni, non è mai calata di sensazioni e profondità. “A Restless Heart And Obsidian Skies” e “The Great Mystery” lo ergono ad assoluto protagonista. Ma sicuramente uno degli elementi più attesi è il ritorno sul palco con gli Avantasia del vichingo Jorn Lande, e Sammet gli concede l’onore di interpretare con la sua imponente presenza “The Scarecrow” e “Lucifer”. C’è spazio vocale anche per l’ottimo chitarrista Oliver Hartmann, il quale più degli altri ha interpretato le sue parti strumentali con qualità e perizia di assoluto livello. In “The Watchmakers Dream” dà sfoggio alle sue qualità vocali accompagnando Sammet, ma reggendo a fatica il confronto. Diversamente da Lande, non si aspettava invece la presenza sul palco della voce dei Mr. Big, Eric Martin , il quale si presenta assolutamente bene sulle note di “What’s Left On Me”. Sammet lo ha annunciato all’inizio dello show che si sarebbero proposti brani recenti e meno recenti, e tra questi ultimi rientra un classico, “The Wicked Symphony”, interpretato a più voci, che hanno giocato la loro parte, ma che onestamente non hanno esaltato il lato d’impatto che il brano aveva in serbo, e quindi non esplodendo particolarmente. Dopo “The Wicked Symphony”, c’è ancora spazio per Herbie Langhans in quello che sarà il secondo singolo estratto da ‘Ghostlights’: “Draconian Love” viene fatta seguendo a menadito i fraseggi presenti su disco, con Langhans dal timbro molto dark e le melodie facilmente accessibili, al limite del radiofonico. Non poteva però mancare la discesa in campo da protagonista di Amanda Somerville: “Farewell” cantata da lei e da Sammet produce un impatto emozionale davvero potente, enfatizzando ancor più le qualità vocali della biondona americana.
Tra un brano e l’altro si assiste ogni tanto ai consueti e simpatici siparietti che Sammet intrattiene col pubblico e con i suoi colleghi sul palco, e che riescono sempre a catturare l’attenzione, e non disdegnando qualche battuta in italiano con i suoi compagni, scatenando a volte l’ilarità del pubblico. Dopo “Stargazers”, è la volta di “Shelter From The Rain” con Kiske e Catley, ma uno dei pezzi migliori della serata rimarrà senza dubbio la melodia senza tempo di “The Story Ain’t Over”, con un Bob Catley magistrale, che nonostante si muova ormai come può, sfodera una performance vocale da urlo. Un altro pezzone arriverà di seguito: “Let The Storm Descend Upon You”, come su disco, suscita sempre emozioni e il suo ritornello è cantato a squarciagola da tutta la venue. Dopo un attimo di pausa, si ritorna al passato, e all’attacco di “Promised Land” il grande telone di ‘Ghostlights’ sparisce ed appare di colpo il simbolo di ‘The Scarecrow’, amplificando ulteriormente la prestazione di Jorn Lande e la resa del brano. Altro brano acclamato dal pubblico è il vero simbolo di tutto ciò, “Avantasia”, cantato praticamente a memoria dal pubblico e accompagnato dalla potenza delle voci presenti (Sammet, Kiske, Langhans e Somerville). In quel momento Kiske, alla lunga e già durante il brano precedente, tende a perdere tonalità e freschezza, denotando segni di stanchezza. Eric Martin rientra in campo ed improvvisa con Ronnie Atkins e con Sammet dei vocalizzi in stile Freddie Mercury assieme al pubblico, che risponde prontamente e che introduce “Twisted Mind”. Prima della pausa, la band attacca “Dying For An Angel”, altro classico della band cantato in origine da Klaus Meine, e mai completamente fatto suo dal vivo da Eric Martin, che come nel tour precedente dimostra meno smalto rispetto a Sammet.
Dopo quasi tre ore di show, la pausa prima del bis è d’obbligo per tutti. Il rientro è un tuffo nel passato, e l’ennesimo cambio di telone lo dimostra, con la scritta “Avantasia” che campeggia a caratteri cubitali sulle note di “Lost In Space”. Anche in questo caso Amanda Somerville si dimostra impeccabile nelle parti di sua competenza. Rimanendo in tema Somerville, c’è da sottolineare lo show nello show con protagonisti proprio i due coristi: oltre alla performance vocale ottima come di consueto, spesso e volentieri si sono esibiti in piccoli teatrini alle spalle delle voci principali, come degli attori di un musical, e sicuramente hanno destato la loro attenzione. La fine dello show è una festa conclusiva con tutti gli artisti sul palco, sulle note dell’ibrido “Sign Of The Cross / The Seven Angels”, introdotto da piccoli fraseggi di “Felicità” di Albano & Romina che però, con tutto il doveroso rispetto che si può rivolgere alla famosa coppia italiana, ovviamente non può reggere il confronto con uno dei classici Avantasia, rischiando quasi di scendere a livelli quasi imbarazzanti. Si riprende fortunatamente il filo del discorso e si chiude degnamente uno show apparentemente estenuante (quasi tre ore e mezza), ma che alla fine è scorso via particolarmente liscio, facendo trattenere ancora un po’ di adrenalina nei corpi dei presenti. Performance nel complesso molto buona, con alcuni strumenti come la batteria di Felix Bohnke e la chitarra di Hartmann a capeggiare su tutti, con le tastiere di Miro Rodenberg che nei momenti in cui si faceva sentire ha giocato la sua parte in modo notevole, a differenza delle parti di accompagnamento totalmente coperte dai bassi, fatto comunque comprensibile.
Passano gli anni, ma le voci dei protagonisti mantengono ancora una qualità da vendere, e una voglia di collaborazione ammirevole. Non rimane altro che aspettare un altro show “monstre” degli Avantasia, magari con qualche nuovo innesto alla voce, ma con Tobias Sammet sempre in prima linea.
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