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ANATHEMA + ALCEST

Con l’ultimo album ‘The Optimist’, gli inglesi Anathema hanno voluto riprendere il discorso sentimentale che è stato prodotto con la stesura di ‘A Fine Day To Exit’, cercando di produrre, a detta stessa della band, un sound tra i più oscuri e malinconici della loro intera carriera, a dispetto del titolo dell’album. Il risultato, nonostante le parecchie promozioni avute dalla critica specializzata (di poco tempo fa il premio come album dell’anno ai Progressive Music Awards), è stato invece quello di essere un album gradevole solo a spot, in cui spiccano alcuni brani meritevoli e densi di atmosfera, alternati a passaggi invece più discutibili e non esattamente al livello della caratura qualitativa della band di Liverpool. Con questo pensiero, la band si accinge, dopo il breve tour acustico della scorsa estate di Daniel e Vincent Cavanagh in giro per l’Europa e che ha toccato anche l’Italia per un paio di serate, ad intraprendere il tour europeo di supporto a ‘The Optimist’ in compagnia di una band che invece ha nuovamente alzato il livello dell’ispirazione musicale e della grandezza sonora dopo un album non pienamente soddisfacente. ‘Kodama’ è stato tra i migliori lavori in assoluto dell’anno passato, che ha fatto aumentare la stima dei fans nei confronti dei francesi Alcest, e questo tour, compresa la data dell’Alcatraz di Milano di lunedì 16 ottobre, si preannuncia quindi succulento e ricco di interesse.

In piena ora di cena salgono sul palco secondario dell’Alcatraz gli Alcest, davanti ad un pubblico ancora in via di definizione. Come sempre, la band si presenta piuttosto composta , accennando sguardi misurati di compiacimento verso il pubblico, pronta e concentrata a farli emozionare con il loro magistrale e proverbiale black-gaze. Iniziano con la title-track di ‘Kodama’, interpretandola in maniera molto buona, nonostante l’acustica del locale non sia proprio delle migliori: per quanto la prestazione sia stata assolutamente magistrale durante tutto il set, la chitarra di Zero tendeva a coprire molto quella di Neige, e la batteria di Winterhalter produceva dei colpi forse un po’ troppo fermi e non particolarmente armoniosi. La voce di Neige si presenta più convincente nelle parti screaming rispetto a quelle pulite, e le sue linee più estreme in brani come “Oiseaux de Proie” ed “Eclosion” risultano essere davvero proverbiali e senza sbavature, incisive come solo lui sa essere. Nonostante l’acustica non perfetta, gli Alcest compiono un gran bel show, preciso, pulito e potente quando serve e notevolmente impattante. L’attacco di “Eclosion” subito dopo “Oiseaux de Proie” è una gran botta al cuore, ma il meglio lo danno ancora di più con i pezzi storici della loro discografia, soprattutto “Là Où Naissent Les Couleurs Nouvelles” e la sempre superba “Percées de Lumière”, con quel suo incedere dirompente tra il ritmo musicale costante e lo scream di Neige sempre sferzante. Chiudono con “Delivrance” uno show pieno di garanzie, a suggellare l’impegno della band nel toccare nel profondo più remoto l’animo dell’ascoltatore.

Setlist ALCEST:
Kodama
Là Où Naissent Les Couleurs Nouvelles
Oiseaux De Proie
Eclosion
Autre Temps
Percées De Lumière
Délivrance
 

Alle 21 in punto sale sul palco Vincent Cavanagh, accingendosi verso il gruppo di tastiere posto verso il fondo del palco, ad immergerci di colori e di vibrazioni con “San Francisco”; in contemporanea si eleva la figura massiccia di suo fratello Daniel, che arriva fino alla base del palco e rimane impassibile per diversi secondi, a farsi immortalare dai fotografi e dagli smartphone provenienti dalle prime file. Dopodiché, insieme agli altri suoi compagni e senza John Douglas (temporaneamente fuori dalla band per motivi personali), si dirige verso il lato del palco per iniziare,, “Untouchable”, uno dei brani più belli in assoluto degli Anathema, che in quest’occasione sembra risultare però un pochino inceppata, soprattutto in quello che sarebbe dovuto essere il tripudio strumentale della seconda metà della “#1”, e che invece è sembrato avere il freno a mano tirato. Meglio la “#2” dove sale in cattedra la straordinaria voce di Lee Douglas, in assoluto una delle migliori voci del panorama rock mondiale, a duettare con Vince con animo toccante. Lo show sembra continuare tra alti e bassi, un po’ altalenante; anche in questo caso l’acustica non è perfetta, e la sublime voce della Douglas non sembra rendere al meglio durante “Endless Ways”, tra gli episodi migliori di ‘The Optimist’. Quando tutto lasciava presagire ad uno spettacolo senza grandi sussulti, al punto da farci rimanere con l’amaro in bocca, ecco che arriva “Ariel”, il brano contenuto in ‘Distant Satellites’ dedicato alla figlia di Daniel Cavanagh, che dalle parole e gesta dello stesso autore è sembrata essere parte del pubblico milanese. Il brano è stato eseguito in maniera magistrale, toccante, struggente, come solo band come gli Anathema sanno produrre, con le voci di Lee e di Vince finalmente in piena estensione qualitativa ed armoniosa. L’acme emozionale raggiunto da questo pezzo, ed il bacio caloroso di Daniel che è spiccato lontano verso la figlia, ha avuto il grande effetto di sciogliere le briglia alla band, soprattutto ai fratelli Cavanagh che si mettono a discutere scherzosamente, fino a che con le loro chitarre iniziano a far girare delle note che ai fans più puri degli Anathema sembrano essere familiari. Eh sì… la band ha l’intenzione seria di far sobbalzare il pubblico proponendo loro niente meno che “Deep”, e l’esaltazione assurda copre fino alla saturazione l’intero Alcatraz, in un crescendo emozionale senza fine. Da quel momento è totale adrenalina, anche grazie ad una scenografia dominata da uno schermo in cui vengono proiettati colori ed animazioni che si alternavano agli ormai proverbiali fanali di ‘The Optimist’. Ogni pezzo fino all’altro cavallo di battaglia ‘Closer’ viene ricevuto dal pubblico con grande senso di partecipazione, grazie ad una band che ha alzato l’asticella qualitativa verso vette alla vigilia non particolarmente attese, e toccando punte emozionali con la consueta classe che li contraddistingue.

Dopo la pausa, Vince si accinge a far battere i cuori con la profonda “Distant Satellites”, pezzo dal sapore electro molto seducente, suggellato dal duello percussivo con il compagno Daniel Cardoso, eseguito in maniera perfetta ed avvincente. E si continua con “Springfield”, forse il pezzo migliore dell’ultimo album insieme ad “Endless Ways”, in cui la Douglas torna protagonista, assieme ad un accompagnamento strumentale all’altezza, finalizzato a dovere con il crescendo imperioso che si avvicina molto al tripudio che si sente su disco. Quando ormai sembra ormai giunta la conclusione, ecco che Vince introduce quello che è il lavoro solista del fratello Danny, lasciando il palco e le luci dell’Alcatraz tutti per quest’ultimo, che alle tastiere interpreta “The Exorcist”, brano che promuove l’album ‘Monochrome’ e che viene eseguito con grande impegno e passione da Daniel, la cui voce si infila nelle nostre insenature con considerevole tatto. Dopo la cover dei Portishead eseguita insieme a Lee Douglas, e dopo che Vince ha espresso la volontà di suonare in futuro in Sud Italia, ecco che la band si congeda con l’immortale “Fragile Dreams”, che negli anni dal vivo ha ridotto il totale senso malinconico e notturno che aveva alle origini, diventando quasi un coro da stadio , ma che rimane pur sempre un pezzo emozionante. Credo che ‘The Optimist’ sia il titolo più appropriato per questo live, al contrario del disco, perché bisognava semplicemente rimanere ottimisti sull’esito complessivo dello show, e infatti il senso di soddisfazione del pubblico, dopo più di due ore di concerto, è la diretta conseguenza dell’immensa classe della band di Liverpool, che riesce sempre a mettere d’accordo anche i più scettici.

Setlist ANATHEMA:
San Francisco
Untouchable #1
Untouchable #2
Can't Let Go
Endless Ways
The Optimist
The Lost Song #3
Ariel
Deep
Pressure
Lightning Song
A Simple Mistake
Closer
----------------------------
Distant Satellites
Springfield
Back To The Start
The Exorcist (Daniel Cavanagh song)
Glory Box (Portishead cover)
Fragile Dreams
 

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