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NANOWAR OF STEEL

Se pensavate davvero che i pionieri del comic-metal italiano Nanowar of Steel avessero smesso i panni del metallaro demenziale per intraprendere una nuova carriera nel pop, vi siete sbagliati di grosso. Loro sono stati sempre perfettamente coerenti con il loro stile ed il loro modo di comunicare, anche nel voler far credere ai fans di voltare immediatamente pagina. Ovviamente così non è stato, anzi la band torna alla carica con il nuovo album 'Italian Folk Metal', che segna l'importante connubio con Napalm Records e che rispecchia fedelmente i canoni di una band alla consueta ricerca della goliardia, dell'ironia e del prendere sempre gioco dei luoghi comuni. Abbiamo quindi provato a fare due chiacchiere con la band, e il risultato non poteva non essere un riassunto della loro sempreverde coglionaggine.

Ciao ragazzi e benvenuti su Hardsounds.it. Siete tornati con un album che è ovviamente metal, lasciando come parentesi ovviamente farlocca una fantomatico passaggio verso lidi pop. I vostri sostenitori come hanno accolto quello che è stato, a tutti gli effetti, un vostro scherzo? Ovviamente farlocca? Ma come si permette! Lei non sa chi siamo noi! Noi eravamo pop davvero, nei nostri cuori, ed i nostri fans lo avevano capito. Hanno anche capito che abbiamo dovuto svenderci per suonare metal, i nostri fans sono intelligentissimi, capiscono sempre tutto.

Dai tempi in cui si potevano scaricare i vostri primi dischi dalla piattaforma Jamendo, fino al salto di livello e alla collaborazione con Napalm Records. All’inizio della vostra esperienza, pensavate davvero di raggiungere un apprezzamento così alto? Ovviamente, noi siamo nati umili con l’obiettivo di diventare il primo gruppo nel settore del metal-commercio-al-dettaglio, un settore in rapida espansione come dimostra il caffè dei Blind Guardian.

‘Italian Folk Metal’ lo possiamo considerare come un tributo alle tradizioni e consuetudini del nostro paese, secondo il vostro  personalissimo stile. È un disco che vuole sfidare certi luoghi comuni? Italian Folk Metal è un disco che se lo metti sul giradischi devi avere: 1) una versione in LP; 2) un giradischi; 3) delle casse attaccate al giradischi, e poi lo potrai ascoltare. Vuole sfidare soprattutto lo stereotipo di “Italiani Pizza Maneskin Mafia”.

Musicalmente parlando, è un disco fondamentalmente metal che non si discosta molto dai precedenti album. Una componente folk sembra comunque emergere maggiormente. Potrebbe, a questo punto, essere quella la branchia del metal che si avvicina di più al vostro stile? La branchia del metal è un termine che descrive benissimo CAPITAN FINDUS, una canzone che parla di pesci i quali – come è noto – sono famosi per possedere le branchie.

Finalmente, con “Polenta Taragnarock”, avete coinvolto in maniera attiva colui che è diventato l’emblema del vostro trash: Giorgio Mastrota. In linea generale, come è stato conoscerlo di persona e poi coinvolgerlo musicalmente? Mastrota lo conosciamo da quasi tre anni, salì con noi sul palco di Lucca Comics 2018. Oltre ad averci convinto a comprare trapunte, pentole e bici con cambio shimano (tra l’altro, Mastrota stesso è un ciclista pieno di bici con cambi shimani) ci ha anche conquistato con la sua umanità, la sua gentilezza, la sua simpatia ed il suo Casera della Valtellina. Un uomo che se fosse commestibile potrebbe essere definito un pizzocchero umano.

Un episodio tra i più interessanti del disco è “Scugnizzi of The Land of Fires”, che unisce heavy metal e neomelodico napoletano. Intende essere un tentativo per far conoscere il metal anche tra i discepoli di Mario Merola e Nino D’Angelo? No, volevamo essere i Saviano del metal e denunciare un grave fatto che attanaglia le terre campane, la gang dei dragoni scostumati che spaventano bambini e uomini di mezza età.

Nel disco ci sono due versioni in tedesco e in spagnolo di “Capitan Findus” e “La Mazurka del Vecchio che Guarda i Cantieri”. È una scelta dettata proprio dall’accordo con Napalm che farvi conoscere a livello internazionale, o è stato semplicemente un vostro sfizio? É stato che siccome Gatto parla tedesco e spagnolo (tra le altre 10 lingue) e siccome i vecchi ‘miraobras’ e Kaptn Iglo AKA Findus sono dei pilastri culturali delle terre ispaniche e germanofone, ci siamo detti, why not, effettuiamo pure un riadattamento culturale per solleticare un po’ quel poco di audience internazionale che ci rimane.

Secondo lo stile proprio dei Nanowar of Steel, cos’è per voi il metal? Avete un significato che si associa perfettamente alla vostra goliardia?

E sempre secondo il vostro modo di essere, com’è stato per voi e come lo definireste questo periodo pandemico? Una bella merda. Non tanto per la pandemia quanto per le misure spesso contraddittorie e insensate prese in nome del contenimento. Personalmente siamo tutti supporter dell’approccio proposto dai medici e dagli epidemiologi della Great Barrington Declaration, un approccio criminalmente ignorato ma che ha dimostrato una grande efficacia lì dove è stato applicato (e.g. Florida) senza limitazioni drastiche e misure autoritarie.

Anche dopo questo brutto periodo (e il nuovo album lo testimonia), siete rimasti sempre i cazzoni simpaticoni di sempre…Il virus non ha di certo cambiato il nostro DNA. Chi nasce cazzone, vive cazzone, e poi per morire se ne riparla più in là che sennò porta sfiga.

Se non vi foste cimentati nell’esperienza Nanowar of Steel, come avreste potuto immaginare le vostre vite? Come già lo sono: Gatto poliglotta e astrofisico, Abdul ingegnere software, Potodisegnatore, Uinona batterista e insegnante di musica, Mr.Baffo spia dei servizi segreti della Macedonia del Nord. I Nanowar sono il condimento alle nostre vite nelle quali la pietanza principale è rappresentata dalle attività menzionate qui sopra.

Il vostro prossimo obiettivo? Coinvolgere Giancarlo Magalli, ad esempio? Finire queste interviste che sono lunghe e piene di domande con punti interrogativi.

Da ultimo, se doveste incontrare qualcuno che non vi conosce e non vi ha ancora ascoltati, come lo convincereste ad ascoltare i Nanowar? Alla vecchia maniera.

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