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DARK AGES

Si cambiano tematiche, si cambiano persino alcuni componenti, ma la qualità è rimasta fortunatamente intatta. Con il nuovo 'A Closer Look' si apre un nuovo capitolo per la progressive band veneta Dark Ages, che in questa piacevole chiacchierata hanno voluto spaziare a tutto tondo per far meglio capire agli appassionati quali sono le caratteristiche ed i sentimenti presenti all'interno del nuovo album, e qual è il loro approccio alla musica in generale, non solo prog.

Ciao ragazzi. Siamo arrivati al seguito della concept opera ‘Teumman’. Qual è stata la scintilla fondamentale che è scattata prima di creare ‘A Closer Look’?

Roberto Roverselli: Ciao Raffaele! Innanzitutto lasciami dire che è un piacere tornare a scrivere su queste pagine dopo tanti anni, anche se adesso mi trovo dall'altra parte! Quando io e Gaetano Celotti siamo entrati nella band lo scorso anno ci siamo seduti intorno ad un tavolo tutti insieme per discutere di cosa avrebbe parlato il nuovo disco. La struttura di molti brani era già consolidata e la cosa più ovvia a stato domandare a Simone Calciolari, chitarrista e fondatore della band, qual era il messaggio che voleva portare in giro con la musica dei Dark Ages, e da lì il passo è stato breve per tracciare la linea guida di questo  'A Closer Look' perché ci siamo tutti trovati d'accordo.

Simone Calciolari: In effetti le musiche del nuovo lavoro erano già in parte composte, come ha detto Roberto. Fin dall’inizio il nuovo CD volevamo che fosse “diverso” da ‘Teumman’ per non fossilizzarci in un clichè che alla lunga poteva andarci stretto. Sentivamo la necessità di comporre in modo più libero lasciando maggior spazio alle idee personali senza che vi fossero passaggi legati alla struttura narrativa del precedente lavoro. Sia ben chiaro che ‘Teumman’ non è stato una composizione “obbligata”, ci siamo impegnati molto e divertiti tantissimo, ma senza dubbio nel nuovo lavoro ci siamo trovati molto più a nostro agio.

‘A Closer Look’ segna un importante cambio tra le fila dei Dark Ages, l’ingresso alla voce di Roberto Roverselli al posto di Davide Cagnata. Potete spiegarci una motivazione particolare che vi ha portati a compiere tale decisione?

S.C.: E’ accaduto tutto a fine gennaio 2016. Davide aveva qualche problema personale che nei mesi precedenti lo aveva costretto a rallentare; nel frattempo eravamo molto impegnati in una serie di concerti e quindi non avevamo tempo di sederci e di discutere bene della cosa. Nelle ultime uscite poi erano balzate all’occhio alcune difficoltà del bassista di allora e quindi, prima dello stop necessario per la composizione definitiva dei brani da registrare, ci siamo seduti attorno ad un tavolo ed abbiamo parlato. Ci siamo resi conto che con la formazione del tempo non potevamo proseguire al meglio l’attività e quindi il cambio è stato quasi obbligato.

‘Teumman’, essendo un album che ha come sfondo civilità antiche, è sembrato un album calzante per la voce esperta e navigata di Cagnata. In ‘A Closer Look’ sembra prendere invece il sopravvento dimensioni più moderne e contemporanee, come anche dimostrato dal sound complessivo, e dove si inquadra meglio la voce di Roverselli. Pensate che sia un album totalmente confacente alle qualità ed alla freschezza di Roverselli, o sarebbe potuto essere comunque ben interpretato anche da Cagnata?

S.C.: In ogni nostro lavoro, nonostante l’input iniziale provenga per la maggior parte da me ed Angela, viene lasciata la massima libertà ad ogni musicista perché possa esprimersi senza alcun vincolo. Logicamente ci si aspetta che alcune parti “suonino” in un modo piuttosto che in altri, in questo caso non ci siamo mai posti questa domanda in quanto le proposte di Roberto sono state convincenti da subito. D’altro canto non abbiamo mai cercato un sostituto di Davide o qualcuno che avesse la voce simile, Roberto è stata una scelta naturale in quanto avendo già partecipato nelle vesti di uno dei protagonisti dell’opera rock era persona conosciuta sia per le doti canore che, soprattutto, per le qualità umane.

Ascoltando ‘A Closer Look’ si percepisce che tutti i componenti risultano pienamente presenti e facilmente udibili, dimostrando che non c’è un protagonista piuttosto che un altro, ma che c’è un lavoro di squadra ben assortito per far rendere al meglio l’album. E’ stato particolarmente impegnativo il lavoro di produzione dell’album, o si è svolto tutto con naturale semplicità?

R.R.: Direi che è stato impegnativo nella sua naturale semplicità! Per me è stata la prima vera esperienza in studio e ho dovuto imparare moltissime cose in pochissimo tempo. E' stata una fase molto interessante ed importante del mio percorso musicale, ma lavorando con Maurizio Fracchetti (il fonico di sala del Mago Studio) è stato tutto facile. E' una persona molto paziente e sà darti i consigli giusti, e ne ho approfittato anche per imparare un po’ di dialetto trentino. Sul disco non si sente solo il nostro lavoro ma pure il suo.

Angela Busato (a cui va il nostro più caloroso abbraccio): Il lavoro di produzione è stato impegnativo ma anche semplice, sembra una contraddizione in termini ma la complessità delle idee iniziali che poi hanno dato vita ai brani, è stata attenuata dal feeling che si è creato con la nuova formazione al momento di entrare in studio. Ogni strumento è al servizio della canzone, nessun musicista prevale sull’altro proprio perché è il risultato finale che deve convincere. E quando parlo di ogni strumento comprendo anche la voce che spesso nel progressive è considerata proprio uno strumento al pari degli altri.

S.C.: Quello che a me ha lasciato di stucco è stato il feeling che si è creato all’interno della sezione ritmica; Gaetano ci ha stupiti confezionando delle linee di basso veramente ottime che si sono intersecate alla perfezione con chitarre e tastiere; inoltre questo ha permesso a Carlo di esprimersi alla batteria come credo non abbia mai fatto prima.

Gaetano Celotti: appena arrivati i Dark Ages hanno accolto me e Roberto con molta serenità e tranquillità. Non ci hanno mai messo fretta in nessun modo, dandoci i tempi giusti per ambientarci e per le stesure dei brani. E’ stato un elemento fondamentale che ci ha permesso di lavorare nel miglior dei modi.

Osservando la copertina, con il ragazzo in cammino e lo sguardo rivolto verso la natura, si nota proprio che molti passaggi di quest’album si sposano bene con quest’immagine, in particolare le parti virtuose di tastiera. Durante l’esecuzione dei vostri pezzi, cercate ogni tanto di immedesimarvi nel ragazzo raffigurato in copertina? Che immagini riuscite a vedere e a disegnare?

R.R.: Sai, almeno per me, quando sei sul palco non è così semplice divagare con la mente. Ho sempre bisogno di un certo livello di concentrazione, ma quello che dici è molto importante solo che lo ricollegherei alla fase di composizione del brano. Quando riascolti e riascolti e riascolti tutto l'insieme e cerchi di "sentire" in tutti i sensi quello che stai facendo allora lì arrivano le considerazioni importanti, le immagini. Quando abbiamo presentato il disco abbiamo parlato di "un avvertimento, come un caldo abbraccio che ci faccia risvegliare dai torpori" e mi sembra perfetto. Il bambino poi che si spinge verso la ricerca, verso la natura con la sua genuina curiosità ha chiuso perfettamente il cerchio. E' un bisogno di calore, attraverso la ricerca, attraverso tutte le sfumature grigie e contorte della nostra società.

A.B.: ‘A Closer Look’ a mio avviso è un disco arioso e che spinge a guardare oltre; il bimbo che cammina su questa strada ampia e della quale non si vede la fine trasmette la curiosità di scoprire, di viaggiare, di conoscere, di sperimentare; sperimentare anche musicalmente senza avere limiti o costrizioni. Liberare la mente. Anche molte delle immagini che compongono il booklet (tutte foto originali di Elisa Catozzi) sono paesaggi naturali che trasmettono tranquillità, ogni tanto bisognerebbe trovare il tempo di fermarsi un attimo a riflettere, guardando e apprezzando più da vicino le piccole cose.

Copertina di 'A Closer Look'

Il vostro è un genere che ha nelle sue origini i grandi gruppi italiani degli anni ’60-70, e che poi si è evoluto sia in Italia che all’estero. Voi che siete tra i portatori sani del progressive rock-metal italiano attuale, pensate che la vostra proposta, come quella dei vostri colleghi più o meno coetanei, sia appetita dagli ascoltatori più fedeli alla vecchia guardia? Come si pone il pubblico italiano in generale, specialmente quello più giovane, nei confronti del prog?

A.B.: Il prog è un genere che in ogni epoca storica ha avuto le sue caratteristiche e le sue sfumature.  Se si parla di pubblico, a mio avviso, in ogni genere c’è sempre stata la diatriba tra “vecchia guardia” e “giovani” anche se personalmente non ho mai capito da che anni finisce una e inizia l’altra categoria! Molte persone sono aperte a nuovi ascolti e sono disposte a dare una chance a chi fa musica contemporanea soprattutto i giovani che si avvicinano al genere e hanno sete di conoscenza. Anche alcuni “ascoltatori storici” sono spinti ad interessarsi alla scena moderna ma è impossibile eguagliare i gruppi che hanno inventato questo genere e che ormai sono entrati nei “classici” del rock.

S.C.: Personalmente credo che troppe volte ci si leghi ai fasti del passato. Credo sia molto più utile ascoltare le canzoni con la dovuta curiosità e prestare orecchio alle emozioni che queste ci danno.

Carlo Busato: Il termine prog è un po’ strano, al giorno d'oggi più che mai, io stesso stento a dirlo quando mi chiedono che genere facciamo! Si dice che arrivi dalla musica classica che inserita in quel rock degli anni settanta ha dato vita al progressive che conosciamo. Suonando in giro sembra che sia i veterani che i giovani apprezzino la nostra musica, forse perché ci sono varie influenze che accontentano gli uni e gli altri, i consensi arrivano e noi siamo contenti. Secondo me l'unico problema dei giovani che sono cresciuti apprendendo da Youtube, internet e "sentito dire" hanno un'idea sbagliata della provenienza del prog moderno, pochi vanno alla ricerca delle origini, ascoltano il classico gruppo metal con delle sonorità "strane" post Dream Theater pensando che esista solo quel tipo di prog, senza sapere che ci sono anni e anni di band che hanno sperimentato questo genere prima di questi gruppi moderni che si vendono bene sui social. Poi dall'altra parte ci sono i puristi che se sentono dieci secondi di doppia cassa o un un suono di chitarra un po’ più aggressivo non lo considerano più prog; basterebbe stare nel mezzo e senza essere troppo negativi c'è ancora qualcuno che conosce la storia di questo genere, se ‘A Closer Look’ esiste è anche perché mio padre e di Angela ci faceva ascoltare Genesis e Jethro Tull da piccoli.

Simone Calciolari (photo by Monica Ph)

Presumo che voi tutti ascoltiate prevalentemente rock progressivo. Quali sono stati (se ce ne sono stati) gli spunti principali provenienti dal vostro bagaglio musicale? E chiedo se avete anche ulteriori preferenze, esterne al prog, che magari sono state utili nel lavoro sull’album, anche solo come approccio organizzativo alla lavorazione?

R.R.: Su Hardsounds per sette anni mi sono occupato dell'area Power, quindi anche se è un genere che non ascolto più tantissimo, qualcosa da lì mi è rimasto. Adesso navigo attorno all'Hard Rock ma onestamente vado a sentimento, non mi pongo degli standard ed ascolto quello che più mi fa stare bene. Che sia AOR, Metal Moderno, Doom, Prog... basta che mi sappia dare le sensazioni giuste. Onestamente quando penso alla linea melodica di un brano non penso a come la farebbero tizio o caio, cerco solo di fare del mio meglio affinché il brano ne guadagni, o almeno ci provo.

S.C.: Non mi sono mai legato in particolare ad un genere musicale. Se un brano mi piace questo mi basta.

A.B.: Ho iniziato a studiare pianoforte con la musica classica e orchestrale, per poi avvicinarmi al rock con i Deep Purple attraverso la musica di uno dei miei idoli assoluti Jon Lord. Subito dopo mio padre mi ha passato qualche disco di prog anni ‘70 e mi ha preso come nessun altro genere in vita mia. Successivamente le tastiere epiche e pompose del power metal hanno preso il sopravvento e contemporaneamente anche i synth e i suoni  anni ‘80 della dance di quel periodo, adoro le colonne sonore e i musical e anche il pop. Tutto questo sicuramente esce nella musica dei Dark Ages sia nella parte compositiva sia nella sperimentazione sonora molto importante nel mio strumento.

C.B.: Il bagaglio è fatto di studi sullo strumento e di anni e anni di musica di ogni genere ascoltata, quindi è difficile dire secondo per secondo cosa ho voluto fare e perché, si parte dall'istinto per creare una parte per poi svilupparla cercando sempre di inserirsi al meglio nella canzone.

G.C.: prima di entrare nei Dark Ages non ero un amante del prog. Ascoltavo qualcosina, ma la mia influenza maggiore era l’ heavy metal, hard rock anni 80, anche se da qualche anno ho una passione sfrenata per altri genere più psichedelici. Anche l’elettronica mi affascina molto e ultimamente mi sto affacciando anche allo studio del jazz; insomma ho un ascolto a 360°. Sicuramente nell’album ho cercato di dare tutto quello che i miei ascolti e studi mi hanno dato, sempre tenendo conto però di mettere qualcosa che fosse “mio”, che venisse da me, non tanto di cercare di assomigliare a qualcun altro.

Angela Busato (photo by Roberto Fontana)

Cercate ora per un momento di rappresentare ciascuno di voi con una propria caratteristica, e provate anche a spiegare che tipo di supporto avete dato all’album, in fatto soprattutto di inventiva e di ispirazione.

R.R.: Nonostante tutti i miei limiti credo che la mia caratteristica principale sia la Duttilità. Magari sbaglio o non sono sempre perfetto, anzi, ma il non avere una mia limitata "confort zone" penso sia una freccia al mio arco. Sento cosa mi chiede il brano e cosa è necessario fare per quel pezzo e cerco di fare del mio meglio. Penso che se certi brani suonano così diversi e "sentiti" sia merito, oltre che per il lavoro di tutti, anche di questo.

S.C.: i Dark Ages sono un fantastico miscuglio di gusti e personalità, da sempre. Il clima di complicità che si respira nella band sul palco e fuori è la vera forza che ci lega e che spinge tutti ad emergere insieme, senza che ci sia una prima donna. La cosa che trovo più sconcertante è che nonostante vi siano a volte ascolti e gusti totalmente diversi tra noi questo rende il gruppo ancora più unito in quanto ciascuno, ripeto, si mette al servizio degli altri senza forzature o imposizioni ma con vero piacere di suonare e vivere assieme le nostre canzoni.

C.B.: Il supporto dato all' album è istintivo, in base alla melodia che Angela o Simone mi hanno dato io ho cercato di comporre le parti di batteria senza sovrastare gli altri strumenti, poi alle prove si costruisce la canzone assieme.

A.B.: Il mio supporto come quello di Simone è inizialmente compositivo per qualche riff o melodia che da l'input iniziale al brano, poi lascio lo spazio agli altri strumenti e mi occupo degli arrangiamenti a struttura finita, curo i suoni e in questo caso, per la prima volta, mi sono occupata anche della parte grafica.

G.C.: prima di scrivere le mie parti ho provato ad immedesimarmi in ogni pezzo, cercando di capire quali fossero l’emozioni in me durante l’ascolto dei brani. Per ogni brano poi ci sono influenze diverse che raggruppano vari generi. Personalmente mi ritrovo nei pezzi dai testi un po’ “drammatici” come “Fading Through The Sky” o “At The Edge Of Darkness”, dove appunto ho cercato di esprimere al massimo quello che i testi e le musiche raccontano.

Sicuramente qui in Italia avete il vostro seguito, ed avete ricevuto sempre buoni riscontri. Qual è la fetta di territorio che vi dà le maggiori soddisfazioni, e che tipo di riscontro avete con l’estero?

S.C.: In Italia abbiamo suonato un po' dappertutto tranne che nel sud; ne abbiamo avuto la possibilità ma un mio problema (risolto) ce lo ha impedito purtroppo. Sappiamo tutti che non ci sono purtroppo molti locali ma devo dire che finora in nessun posto nel quale ci siamo esibiti abbiamo trovato brutte sorprese; conserviamo ottimi rapporti con tutti gli organizzatori e con i gestori dei live club, tutte persone che si impegnano al massimo per far vivere la musica nel nostro paese. Se dovessi scegliere personalmente direi che Torino ed il Piemonte in genere è una zona in cui mi piace tornare, ma questo è un pensiero tutto mio legato anche al fatto di avere parecchi amici musicisti che vivono li. All’estero abbiamo finora avuto ottimi riscontri in tutta Europa per quanto riguarda gli ascolti, purtroppo finora non ci siamo spinti oltre la Repubblica Ceca… ma vogliamo rimediare il prima possibile.

Che cos’è per voi la musica prog? Datemi delle espressioni che lo spieghino degnamente, e delle buone ragioni per ascoltare la musica prog, oltre alla vostra proposta.

R.R.: E' importante ascoltare la musica, in generale. Non solo una melodia in sottofondo che ti faccia fare "oooooh oooohhhhh ohhhhhhhhoohhhh" ma che ti lasci qualcosa. Ed in questo la musica prog sa essere sorprendente, perché racchiude tutte le sfumature della musica e tutte le sue possibili forme. La trovo molto stimolante, per me è un'esperienza che arricchisce sempre ascoltare della buona musica.

S.C.: Il Prog? Per me è tutto ed il contrario di tutto, vuol dire sperimentare e lasciar andare la propria energia senza schemi spaziando in ogni dove.

A.B.: il prog è un genere che ti spinge ad andare avanti e a migliorarti. Può darti spunti sempre nuovi perché è fatto di strati compositivi e sonori, ogni volta in base al tuo stato d’animo puoi sentire cose diverse.

Grazie della piacevole chiacchierata. Da ultimo, proponete agli appassionati un buon motivo per ascoltare ‘A Closer Look’ ed a seguire la vostra musica.

R.R.: Grazie a voi, è stato davvero un piacere per me tornare su Hardsounds. Ascoltate quello che volete, ma date una possibilità alla musica. C'è un universo incredibile di gruppi che suda e si sbatte per produrre ottima musica e che sicuramente non conoscete: siate curiosi! Trovo che 'A Closer Look' sia un album interessante ed intricato, e che possa piacere non solo ai metallari ma anche agli appassionati del prog più classico. Quello che mi auguro davvero è che arrivi il significato, che è davvero importante.

S.C.: Roberto ha già detto tutto… ed ovviamente concordo! Non mi resta che ringraziare voi e salutare tutti coloro che avranno la voglia di leggere le nostre chiacchiere.

A.B.: Ascoltate “A Closer Look” perché siamo curiosi di sapere cosa ne pensate! Grazie Raffaele e grazie Hardsounds!

Roberto Roverselli (photo by Matteo Musazzi)

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