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WITCHCRAFT

Dopo aver ricevuto la notizia del primo tour in Italia dei Witchcraft (ben quattro tappe: oltre a Milano, Roma, Verona e Pescara) ho atteso con ansia l’arrivo di questa data. Il gruppo svedese è infatti a mio parere tra gli interpreti più originali e convincenti di una forma oscura di rock chiaramente ispirato agli anni ’70, e più in particolare a gruppi quali Black Sabbath, Black Widow, High Tide e Pentagram. Iniziai a seguirli sin dal debutto su lunga distanza intitolato semplicemente “Witchcraft”, sorpreso dalle qualità della loro proposta: inutile sottolineare quindi quanto per me questo concerto abbia assunto la dimensione di un grande evento. Luogo del ritrovo è il Cox 18, centro sociale presso il quale spesso suonano interessanti gruppi della scena doom, stoner, psych rock, etc.: il locale merita una menzione particolare per l’acustica, in questa come in altre occasioni ottima. Come di consueto la serata inizia piuttosto tardi, ed il ruolo di opening – act spetta agli El Thule, gruppo bergamasco autore di un rock’n’roll psichedelico adrenalinico e potente: lo show di cui si rendono protagonisti è intenso, solido e si mantiene per la maggior parte del tempo su ritmi piuttosto veloci, ed è chiara la grande attitudine live cui la musica da loro suonata si presta benissimo. E’ poi finalmente la volta dei Witchcraft: in tutta sincerità devo ammettere che, per quanto riguarda la presenza on stage, il discorso fatto per chi li ha preceduti non vale per il quartetto svedese. Assistiamo infatti ad una proposta più raffinata, articolata, dalle molteplici sfumature e in grado di creare un’atmosfera sulfurea ed arcana: insomma, un affascinante spettacolo tutto da ascoltare (anche se non mancavano i soliti irriducibili capaci di pogare su qualsiasi musica: velo pietoso). Ecco quindi che sia il primo omonimo lavoro che il seguito “Firewood” vengono saccheggiati per dar vita ad una scaletta piuttosto lunga, interpretando molto fedelmente ogni brano e dando sfoggio anche di una certa tecnica individuale. Sono ormai le 2 del mattino quando viene annunciato l’ultimo brano prima della conclusione: una splendida versione di “When The Screams Come” (cover dei Pentagram, omaggiati quali maggiore loro influenza), che pone fine ad un concerto veramente particolare e coinvolgente, grazie ad un gruppo valido (e ormai ne ho la certezza) tanto su disco quanto dal vivo.

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