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TARLUNG: Beyond The Black Pyramid

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27/07/2017
68


Genere: Sludge Metal, Stoner Doom
Etichetta: Black Bow Records
Distro: Wooaaargh Records
Anno: 2017

I TarLung sono la dimostrazione del fatto che in Austria non si respira solo l’aria delle alte montagne alpine, ma anche quella dal sapore putrido e mefitico dei sottoboschi musicali. La band austriaca giunge al secondo album sulla lunga distanza (che segue l’EP ‘Void’ dell’anno precedente), mantenendo pressoché intatto il loro mood a cavallo tra stoner, sludge e doom di classicissima maniera. ‘Beyond The Black Pyramid’ suona per una buona ora pressoché costantemente sulla stessa lunghezza d’onda, costituita da uno stoner doom mediamente lento e monolitico, in cui si intravedono, a spizzichi e bocconi, punte di varietà e di ritmiche un po’ diverse, alcune più veloci (come nella parte iniziale piuttosto avvincente di "Dying Of The Light"), altre densamente più lente, come nel funeral doom di “Born Dead”, letteralmente catacombale nel suo incedere inesorabilmente stagnante e sotterraneo. Questa ritmica tendente alla monotonia quasi ossessiva, è resa ancora più sulfurea al limite dell’irrespirabile dalla carontesca voce di Phillip Seiler, che sfodera note gutturali sprigionanti del sinistro timore. Come detto, l’album segue un filone ed una base strutturale ben precisi, costruiti dalla coppia chitarristica di Seiler e di Rotten e dalla batteria di Marian Waibl degna dei peggiori bassifondi che l’uomo ricordi. E hai voglia a schiodarli dai quei binari… Eppure, ascolto dopo ascolto, non raggiunge di certo vette così elevate, ma si fa in qualche modo apprezzare proprio per quella capacità di catalizzare l’ascoltatore data dalla ritmica continua ed ossessiva, che è ormai un must di quella porzione di stoner che volge lo sguardo verso elementi più melmosi, ma che riesce a provocare nell’ascoltatore stesso un certo interesse che può tradursi in movimenti del corpo accennati, ma convinti, segno di un graduale apprezzamento dell’album. Tutto questo incedere ha il suo apice nella conclusiva “Karma”, dove le chitarre prendono il sopravvento alzando i volumi e le frequenze, e dando una botta considerevole a chi si appresta ad ascoltare con la dovuta e giusta cattiveria la loro musica impregnata di marziale stoner-doom. Un onesto lavoro quest’album dei TarLung, che sulla scia di gruppi come Goatsnake possono fare ulteriormente breccia verso coloro i quali prediligono sempre e comunque il marciume costante della loro sporca vita, e che decidono di divertirsi a suon di basse frequenze e birre in lattina scadute.

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