MR MISTER: Pull
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01/12/2010L'uscita di questo disco era prevista per la prima metà del 1989, per svariate cause legate alla casa discografica e alla stessa band, non se ne era mai fatto nulla. Una fantomatica casa giapponese doveva farlo uscire nel 2001, e anche questo caso non accadde nulla. Finalmente, a distanza di più di vent'anni, la prode Little Dume (che altro non è che la casa discografica di Michael Page) pubblica quest'opera. La band non ha bisogno di particolari presentazioni; per gli sprovveduti siamo di fronte, forse, ai paladini dell'hi-tech AOR i quali, con brani come “Broken Wings” oppure “Kyrie” si sono fatti conoscere ai più. Certo, parecchie versioni bootleg erano già circolate, solo che la resa sonora e la set list non erano mai state complete. 'Pull' provoca immediatamente sgomento per la qualità della produzione: è pazzesca se rapportata all'epoca, meglio dell'80% delle produzioni odierne. Il cantante Michael Page è forse "Mr West Coast", impareggiabile come sempre; purtroppo non c’è Steve Farris, ma tra i vari chitarristi che hanno donato il loro apporto troviamo Trevor Rabin e Buzz Feiten che di classe ne hanno da vendere. Tutte le canzoni proposte sono inedite ad eccezione di “Waiting In My Dreams" che era già stata pubblicata sul Best Of del 2001. Come brani è comunque difficile scegliere il migliore, fondamentalmente non ci sono riempidisco, l'ascolto scorre senza pause, sensazioni meravigliose si depositano nell'ascoltatore, c'e' la voglia di riascoltarlo all'infinito per scovare tutti i segreti qui racchiusi. Siamo sui livelli dei 3rd Matinee (band di Page attiva fino al 1994), oppure dell'album degli stessi Mister di 'Go On...' dell’87. Nello specifico forse la più rock e trascinante del lotto è “I Don't Know Why“ dove Trevor Rabin la fa da padrone e la ritmica si avvicina a tratti al prog. La ballad “Burning Bridge“ ha quasi un sapore soul, qui Page è immenso. “Surrender" e "Lifetime" sono straordinarie. Insomma, un prodotto unico, una scoperta sensazionale che è stata celata ai più per troppo tempo. Certo, non è hard rock, ma chiamatelo lite, west coast oppure hi-tech, rimane il fatto che a chi si professa amante dell’AOR non può mancare questo capolavoro composto da classe, melodia, energia e qualità.
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