GUNJACK: The Cult Of Triblade
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10/01/2020Secondo tassello della saga che vede protagonista il droide Gunjack, incarnazione e trasposizione sci-fi del trio meneghino di recente fondazione ma composto da veterani della scena heavy metal underground. Questo "The Cult Of Triblade" segna una netta maturazione in sede compositiva del trio lombardo che nel primo LP, 'Totally Insane' del 2018, restava ancora troppo ancorato a soluzioni melodiche scontate che sapevano di già sentito. Se i brani del primo LP erano tutti bene o male simili tra loro, essendo per lo più up-tempo in pieno stile Motorhead, questo non può dirsi per questo secondo capitolo della saga. Il piglio alla Motorhead, complice anche l'ugola sporca di Mr.Messerschmitt, non è stato abbandonato ma i brani presentano una serie di elementi aggiuntivi e una varietà di dinamiche che rendono questo secondo lavoro sicuramente più vario ed interessante. Dopo un breve intro dalle tonalità oscure e simil-doom si passa a "Behind The Truth", brano diretto e travolgente che si pone nello stile dei brani presenti su 'Totally Insane' ma con un'attitudine più thrash old school, componente nuova che può riscontrarsi anche in brani come "Mind’s Annihilator" dalla ritmica serrata che fa sembrare il nostro droide Gunjack il figlio bastardo concepito dall'unione dei Motorhead del compianto Lemmy e gli Anthrax. Oltre agli up-tempo martellanti a cui avevamo oramai fatto il callo, i Gunjack dimostrano in questa sede di cavarsela anche egregiamente con i ritmi più smorzati e cadenzati; "District 9" è un brano marziale che fa presa subito per il suo refrain molto catchy ed anthemico, mentre "New Cold Soldier" inizia con un interessante riff in stile Candlemass per sfumare poi in una dinamica thrash che ricorda quella di "Wake Up Dead" dei Megadeth. I riferimenti all'epoca d'oro degli eighties non si fermano qua; "Immortals" è un brano costruito su una ritmica prettamente heavy classica nella quale spicca un pregevole riff ipnotico che presta il fianco ad un chorus fatto apposta per l'headbanging in sede live. Anche questo brano con i precedenti due menzionati sono un chiaro esempio di come la band in fase compositiva abbia prestato più attenzione alle dinamiche all'interno di ogni singola traccia. Con "Normandy", traccia presentata come singolo in anteprima, il trio si avvicina alle sonorità british della NWOBHM strizzando l'occhio a band seminali quali Iron Maiden e Judas Priest, questi ultimi in particolare sembrano molto citati sia nel brano in questione che in "Lake Of Uniforms" che a tratti sembra avere un'appeal alla Painkiller. Tirando le somme possiamo dire che questo "The Cult Of Triblade" risulta essere un album con un tiro maggiore e più duro rispetto al precedente, la virata sui territori del thrash metal classico sembra molto azzeccata così come la maggiore varietà dei brani stuzzica la curiosità dell'ascoltatore ed evita le fastidiose autocitazioni e ripetizioni. Gunjack non fa prigionieri.
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