EVERWOOD: Without Saving
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19/11/2012Buono il lavoro degli ungheresi Everwood, una sorta di viaggio spirituale, un percorso di introspezione che vede il culminare del proprio significato in una via senza uscita, senza salvezza. La prima cosa che salta all'occhio è lo splendido lavoro di artwork eseguito da Android Jones, forse un po' piccolo per apprezzarne appieno i dettagli, ma comunque impressionante. La band parte in quinta con un riff massiccio e la track dal titolo "Rain", per dare il via all'ascolto del disco; si prosegue con "Never Trust A Snake" dal ritornello orecchiabile, caratteristica tra l'altro peculiare della band, riscontrabile in un po' tutte le tracce. Dalla terza "Desert Sun" si nota l'introduzione dell'uso di scale armoniche arabe con le tipiche alterazioni e c'è un sitar o comunque uno strumento a corde simile ad esso simulato dalle tastiere di Attila Tanczer, (per altro fondatore della band nel 2004) il tutto conferisce quindi quell'aria orientaleggiante, ripresa poi anche più avanti nel disco. Non ci fa impazzire il missaggio e la scelta di alcuni suoni, per esempio a tratti il suono di synth è quasi fastidioso, o i passaggi sui tom della batteria che diventano impercettibili. Buono il timbro vocale di Matyas che gioca bene in attacco in posizione di punta, ma sebbene complessivamente l'album sia soddisfacente e calzante, anche per il genere, non emergono particolari doti tecniche, ci sono delle imprecisioni e secondo il nostro parere una delle più eclatanti è l'assolo di chitarra di "Pieces". Nonostante tutto gli ungheresi giocano bene le carte, al tavolo si fanno onore e senza risparmiarsi ed offrono un ascolto piacevole a 270° (l'altro 90 ce lo riserviamo per i "contro"); il prog utilizzato dagli Everwood è immediato, abbastanza sintetico e diretto, di facile comprensione per così dire, non stanca l'ascoltatore e si offre volontario per avvicinare anche chi non è un appassionato del genere. Escono di scena con classe e valore e lo fanno grazie alla bella "Quit Without Saving", epilogo e resoconto di questo viaggio, brano malinconico rafforzato dal carattere melodrammatico della combinazione piano - violino, che rende perfettamente e va a concludere il lavoro della band.
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