BLACK SABBATH: SABBATH BLOODY SABBATH
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26/01/2008Dopo un periodo di inattività, con 'Sabbath Bloody Sabbath' continua l'evoluzione dei Black Sabbath, e questa volta su territori sempre più progressive, approdando, anche grazie a un guest di eccezione, il tastierista degli Yes, Rick Wakeman, ad una svolta definitiva nel sound, ormai fuori dal periodo classico degli esordi e proiettato verso nuovi orizzonti. Le novità a livello di strumentazione fanno da attori in una acclimatizzazione sonora nuova, più sperimentale e allo stesso tempo più eterea, perchè da una parte la tecnica del quartetto si raffina, dall'altra parte, la pesantezza ormai non è il solo mezzo che la band possiede e del quale si vuole avvalere per esprimere certe sensazioni, certi stati mentali, il dissidio interiore, la voglia di verità e di affermazione del prioprio io in un mondo di bugie, porte chiuse e recinti fisici e mentali. L'uomo tormentato e divorato dai propri demoni si agita in copertina in un letto di morte e dannazione, che poi è una metafora della vita, del vivere morendo e dell'ineluttabilità della morte che è già presente prima di manifestarsi. Questo è il senso ultimo del messaggio del movimento Doom: il destino di morte che diventa vita proprio perchè inevitabile (con tutte le sue implicazioni a livello metafisico e spiritualistico). Questo tema viene declinato in modi diversi in 'Sabbath Bloody Sabbath', secondo corollari che vanno dalla bioetica all'esistenzialismo. Tre aggettivi per definire 'Sabbath Bloody Sabbath' sono: elegante, cangiante e sperimentale. Già dalla title track è possibile coglierne il motivo, la composizione è ricca e complessa, basata su una fusione di fasi sfumate che vanno dall'introspezione acustica a rallentamenti heavy metal solcati dalle impennate di Iommi, nonchè da un ottimo Ozzy, che finalmente canta nel vero senso del termine. Teatrale la contorsione melodica di "A National Acrobat", altra grande prova di finezza tecnica, nella sua struttura a strati successivi estremamente moderna e disinvolta nel saltare da un mood all'altro e nello sviluppare il dramma bioingegneristico della vita e della morte; sulla stessa linea "Killing Yourself To Live", che è ancora più ariosa e languida, disciolta in travolgenti parti solistiche; come del resto anche "Lookning For Today", che però si stende su un tappeto di tastiere e ventate acustiche e ritmi molto coinvolgenti che ne fanno un pezzo easy che si presta al tormentone. "Fluff" è il frutto maturo di una serie di sperimentazioni acustiche che vanno avanti da tre album, un pezzo strumentale, che è fondamentale per l'economia del disco, come tutti quelli presenti (questa volta non c'è nemmeno un filler, nemmeno un intermezzo) e che finalmente elabora una sintesi straordinaria tra suggestioni caraibiche e sonorità prese dalla musica barocca, infatti Iommi si mette alla prova con steel guitar, piano e harpsichord, strumenti che presi in modo isolato provengono da storie e geografie molto diverse. "Sabba Cadabra" è un brano ingannevole, perchè pare quasi il pezzo più sempliciotto del lotto, semplice rocknroll grezzo e aspro, e invece si rivela un'arma a doppio taglio, e quell'inzio così gradasso è solo un modo per aprire una ferita da leccare lentamente, man mano che i tempi inziaiano a cadenzarsi e si apre un varco di eleganti sperimentalismi melodici dove Ozzy mostra tutte le facce del suo nuovo poliedrico abito tecnico e la band sfoggia un complesso e strutturatissimo intreccio delicato di sintetizzatore e pianoforte ad opera di Wakeman; quest'ultima anima della band si estende nella ultrasintetica "Who Are You", un pezzo anomalo, ricco di effetti, mellotron, linee soffici e sfumate di piano, a metà tra tentazioni sinfoniche e passioni moderniste fantascientifiche. Le composizioni, dinamiche e ricche di particolari, assumono quasi la forma di spirali, nelle quali si snodano atmosfere, stili, idee sempre nuove in crescendo, infatti lo stesso pezzo conclusivo si intitola "Spiral Architect" ed è un saggio di puntigliosi ricami barocchi su cui spicca ancora una volta il lavoro di contrasto della chitarra acustica e la solennità delle atmosfere create dalle cornamuse.
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