PETER MURPHY
I Bohemien sono una storica dark band romana (1985) che dopo lo scioglimento durato 15 anni (1987 -2002) e un cambio di formazione dovuto alla scomparsa dell’originario batterista, ha prodotto il miglior disco della propria carriera: l’omonimo ‘Bohemien’. La loro presenza stasera è da considerarsi quindi un giusto tributo alla carriera. Dal vivo la formazione a 5 elementi (voce, basso, tastiere, batteria e chitarra) paga un evidente tributo ai Christian Death di Rozz Williams e ai Diaframma di ‘Siberia’. Il cantante fa ampio uso di echo (alla Sex Gang Children) , tastiere alla Claudio Simonetti e una irruente presenza femminile dietro il drumkit compongono il mosaico; purtroppo una cattiva gestione dei suoni poneva la voce troppo in evidenza rispetto agli altri strumenti, tenuto conto anche dell’alto volume del concerto, quando il numero dei giri aumentava gli strumenti tendevano a sovrapporsi determinando un sound poco distinguibile. Dopo un cambio palco durato oltre mezzora, l’ingresso di Peter Murphy è stato anticipato da un brusio del pubblico che aveva intravisto il suo passaggio dal camerino, ed ecco presentarsi la band in serata da gala, con abiti molto darkchic. ‘Double Dare’ da inizio al delirio, ‘In The Flat Field’ nel quale la danza macabra e tribale trova il suo trionfo; un sound della madonna (perdonateci il francesismo), la temperatura sale grazie ad una performance tellurica e contemporaneamente i vestiti della band cadono; un solo di chitarra e voce interrompe temporaneamente l’elettricità e fa aumentare la concentrazione ma è solo una pausa momentanea perché ‘Silent Hedges’, con un basso usato a mò di chitarra che sciorina un giro oscuro, riapre le caverne. ‘Kick In The Eye’ fa ballare il pubblico. Chi scrive, in gioventù, non è mai stato un grosso fan dei Bauhaus perché a questi preferiva band quali Sisters Of Mercy, Christian Death e Fields Of The Nephilim semplicemente per una questione di sound e di gusti personali (pur riconoscendone l’assoluto valore e rilevanza storica nel genere dark) ma a distanza di 35 anni riascoltare quei pezzi con una tecnologia più avanzata ed un sound nettamente migliore rispetto a quando furono registrati, vi posso assicurare che è tutto un altro sentire; il trasporto viene moltiplicato come per il vino che invecchiando migliora. ‘Bela Lugosis’s Dead’ mantiene la sua immortalità con il pubblico che ripeteva: undead undead undead, la rendition della band è perfetta, una macchina di esibizionisti molto ben oleata, sembra che ogni posa sia studiata per farsi fotografare; Mr Murphy è il più grande dei vanitosi, guarda in cagnesco i compari di ventura quando questi vorrebbero rubargli il palcoscenico. ‘The Passion Of Lovers’ e ‘She’s In Parties’ non danno tregua, continuano nel solco di quei capolavori immortali ai quali l'aggiungere qualsiasi altro aggettivo sarebbe un omicidio, quest’ultima termina in una jam session reggae dove Peter suona le percussioni e le congas. ‘Stygmata Martyr’ contiene un riff death metal anni luce prima che questo fosse inventato, ‘Dark Entrais’ e si scende ancor di più negli abissi dell’inferno. Come premesso in sede di presentazione del concerto da parte del tour manager, i bis sono stati 4 estratti dall’imminente nuovo lavoro del menestrello del dark, le prime due sulla falsariga del folk tanto caro ai Death In June, tutto chitarra acustica e voce mentre le ultime due impreziosite da violino e tastiere. Ovviamente non poteva finire così, il pubblico ha continuato a chiamare a gran voce la band che ha contraccambiato il calore dimostrato con ‘Telegram Sam’ e ‘Ziggy Stardust’, omaggio al padre putativo di Peter (David Bowie), pezzi che sono risultati i più rock del lotto chiudendo la festa per i primi 35 anni di esistenza di una delle più grandi icone del dark.
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