ENSLAVED
Nuclear Blast, Season of Mist e Century Media mettono insieme un trio a dir poco interessante e di notevole spessore artistico. In una capitale falcidiata da chiusure di locali live, causa vecchie grane burocratiche con l'amministrazione comunale, è ilTraffic ad organizzare questa serata che si rivelerà un successo. Quasi tutto esaurito per assistere al ritorno dopo ben 20 anni dei norvegesi Enslaved, guidati come allora (era il tour di Eld al Frontiera), dal duo Ivar Bjornson-Grutle Kjellson.
Ad aprire i prog deathsters Oceans Of Slumber che, dall'arrivo dell'affascinante singer Cammie Gilbert, stanno attirando su di loro le attenzione di tanti addetti ai lavori. Lo splendido Ep 'Blue', oltre ad evidenziare l'apertura mentale dei texani, ha presentato la nuova entrata al microfono, mettendone in evidenza la forte personalità, nonchè quella di una band che si muove agevolmente tra sfuriate progressive e mid-tempo doomeggianti di pregevole effetto. Con i suoi dread curati, blu e verdi, la voce dotata, profonda e suadente, Cammie si impone senza il minimo sforzo, attirando su di se l'attenzione di tutti. Tra i pochi brani proposti, perfetta la conclusiva "Suffer The Last Bridge", ottimo compromesso tra tecnica progressive e groove orecchiabile, mentre nella cover di "Nights In White Satin" dei The Moody Blues, presente sull'ultimo lavoro 'Winter', tutta la classe della band e la sensualità magnetica della Gilbert, lasciavano a bocca aperta i purtroppo ancora pochi presenti. Pessima idea far iniziare un concerto infrasettimanale alle 20.30. Troppo presto, un peccato per gli assenti.
Tornano live, ad un anno di distanza dal loro ultimo concerto a Roma, gli australiani Ne Obliviscaris, molto apprezzati come spalla dei Cradle Of Filth nel 2015. Vengono accolti ed incitati fragorosamente dal pubblico che nel frattempo si è quadruplicato. In molti cantano ininterrottamente insieme a loro, segno che molti sono li proprio per loro. E’ un connubio fra lo screaming (poco)/growl (tanto) di Xenoyr e la voce calda e melodica di Tim, che insieme al suo violino si intreccia alla perfezione in una trama musicale classica, tecnica, sofisticata ma comunque fottutamente death , supportata magistralmente dal basso di Brendan Brown (ma quante dita hanno le sue mani???). Il sestetto riesce a ricreare anche dal vivo un’atmosfera idilliaca. Si potrebbe contestare che la loro forse è un tipo di sonorità elaborata, complessa e ricca di sfumature che difficilmente si apprezza bene dal vivo, eppure a nostro parere sono riusciti a renderla ottimamente, nonostante qualche pecca a livello fonico (si sentiva bene solo in alcuni punti della sala). Avrà scontentato di certo chi voleva cimentarsi in un pogo liberatorio sotto palco, ma ha lasciato di incanto chi, come noi a volte, è disposto anche a lasciarsi andare a un catartico e liberatorio trip mentale, dal quale però ci svegliamo troppo presto, perché dopo pochi seppur lunghi pezzi, già si accendono le luci. Attendiamo presto un tour da headliner, se lo meritano e avrebbero di certo il loro giusto seguito.
Alle 22.50 gli headliner della serata sono pronti. Una delle band che maggiormente ha contribuito all'esplosione della scena black norvegese nel mondo, sale sul palco per festeggiare i suoi 25 anni di carriera. Dai tempi di 'Hordanes Land', in cui erano i massimi esponenti del viking black metal, ne hanno fatta di strada in termini di evoluzione del proprio stile musicale. I tempi delle spade e degli elmetti sono andati da un bel pezzo, ma per fortuna una delle pietre miliari più epiche mai scritte dalla band, stasera ci è stata donata. "Fenris" (peccato che le furiose coltellate di tastiera sulla cavalcata finale non si siano udite) spacca in due un setlist improntato sulla seconda parte di carriera della band, quella che va da Ruun in poi, quella costruita su un songwriting di difficile fruizione, spesso complesso, nella continua ricerca di un compromesso tra suoni a metà tra prog e psichedelia, radici epic e folk, che non poche volte ci hanno spiazzato ai primi ascolti, ma che servivano a far evolvere la personalità compositiva di Ivar, e con lui degli Enslaved stessi. Che poi dal vivo invece i pezzi rendono alla grande, mostrano compattezza ed una inaspettata parvenza rock n' roll che coinvolge tutti; persino quando tirano fuori il pop di una canzoncina famosa degli anni 80, riveduta e corretta senza modificare il ritornello, va tutto liscio! Un'ora e mezza di grande musica la loro, ed in sostanza una grande serata. Per festeggiare i 25 anni di storia, la chiusura non poteva che portarci a 'Hordanes Land', quando c'era quel fulmine di Trym dietro le pelli, quando ascoltando gli Enslaved, si veniva catapultati nel bel mezzo di uno sbarco vichingo su di una costa da conquistare. "Allfodr Odinn" ci manda a casa soddisfatti, per la grande musica ascoltata e piacevolmente divertiti dalla inaspettata capacità intrattenitrice, quasi cabarettistica, che Grutle ha dimostrato nei confronti del pubblico. Altra dimostrazione di quale caratura abbia questa grande e mai banale band.
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