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CLOSER: Storia di un artwork

Closer joy division

La copertina di un album ha un’importanza basilare nella espressione artistica di un musicista o di una band, perché è in fin dei conti una dimostrazione d’arte e rappresenta l’artista a livello figurativo. L'artwork di un disco è inevitabilmente una presentazione, sia dell’album, sia del musicista, che nasce dalla scelta di potersi esprimere musicalmente ed esteticamente. Esse non sono mai scelte a caso, anzi, la loro creazione a volte può essere un arduo compito, poichè, che piaccia o meno, la copertina suscita un'impressione e conseguentemente anche una critica. Quindi perchè non recensirle? Ecco perchè nasce Art Over Covers: l'intento è quello di dare voce alle copertine degli album.

Un’altra cover che racchiude in sè il significato decadente e affranto di un’opera d’arte funeraria è quella di 'Closer' dei leggendari Joy Division. La storia del disco, come è tristemente noto a tutti, è contornata da vicissitudini di un emblema formato solo da oblìo e perdita. L’album, tanto per cominciare la descrizione della sua storia, uscirà due mesi dopo il suicidio di Ian Curtis. Il lavoro è distante solo un anno dal precedente disco d’esordio 'Unknown Pleasures', il tempo di intervallo tra i due lavori sarà solo una linea sottile che separerà il frontman dalla vita alla morte. 'Closer' sprofonda in un universo spettrale, claustrofobico, un precipizio opaco e lacerante. Fantasmi invisibili e eterei che porteranno sempre più sull’orlo del baratro la storia di questa band così giovane e così vulnerabile. E oltre a questo buco già disarmante di per sè ci sarà ancora e ancora una spettrale scenografia di grotteschi sentimenti che spariranno attaccati ad una corda appesa al soffitto. Il tutto sotto gli occhi e i ricordi impotenti chi chi poteva sapere, ma che non lo immaginava. “Love Will Tear Us Apart”, “l’amore ci farà a pezzi”, il testamento è già stato scritto. La fotografia scattata da Bernard Pierre Wolff lascia ben pochi presagi immaginari positivi. Niente di più malinconico di una tomba. Anche qui il soggetto è il particolare di una statua situata nel cimitero di Staglieno, a Genova, facente parte del sepolcro della famiglia Appiani. Il curatore dell’artwork, come per il precedente lavoro, è stato affidato al grafico Peter Saville. Nello scatto vediamo illuminata la figura di una donna totalmente protesa in preghiera per il defunto sdraiato dietro in secondo piano. Dietro di lei ci sono altre due donne, una delle quali tiene la mano alla statua della Madonna quasi totalmente all’oscuro, che fa fatica a intravedersi, oltre che a essere tagliata sulla parte del collo. Il panneggio degli abiti e del sudario circondano la composizione rendendola morbida nascondendo i volti e i corpi dei soggetti. Il velo in testa è simbolo di pentimento e di devozione. Resta da capire come mai la foto sia stata tagliata proprio nel punto della figura religiosa, forse per distaccarsi da qualsiasi collegamento spirituale di credo e lasciare la totalità della morte per quella che è, che è morte e nulla più. La morte dalla cui cenere rinascerà come una fenice una nuova band: i New Order, ma questa è un’altra storia.

A cura di Sara “Shifter” Pellucchi

Per ulteriori approfondimenti: http://artovercovers.com/


Perche Joy Division?

Nei lager nazisti alcune donne venivano “selezionate” per il piacere degli ufficiali e sadicamente “catalogate” come “Divisione Gioia”. Prima di Joy Division, la band di Ian Curtis si chiamava Warsaw. Pare che durante i concerti, le luci e le scenografie dovessero essere obbligatoriamente bianche e nere, per evitare che Curtis cadesse in preda a crisi epilettiche.

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