THY CATAFALQUE: Sgùrr
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02/11/2015Ci eravamo un po' distratti, la vita reale bramava la nostra presenza per vari adempimenti e quindi il nuovo album a nome Thy Catafalque è arrivato come un fulmine a ciel sereno a sconvolgere questo autunno. A prescindere da quanto vi possa piacere rispetto ai predecessori, 'Sgùrr' è il miglior esempio di opera d'arte al di fuori degli schemi e della triste routine discografica. E ci vorrà tempo per capire quest'album, fidatevi. Come sempre, se in copertina Tamás scrivesse un grosso "faccio quello che voglio e quando voglio" renderebbe il lavoro più facile a tutti. Sono passati quattro anni da 'Rengeteg', disco con cui Thy Catafalque diventava una one man band e si presentava al grande pubblico con la pubblicazione per Season of Mist. Era quasi scomparso il black metal in favore di un approccio più generico e un po' prolisso. In 'Sgùrr' tale genere musicale torna a galla, come una eco del lontano passato, e con esso anche una durata adeguatamente contenuta. Dal lato opposto, si va ad abbattere altri confini. Metal? Non sempre, non necessariamente. Come nella suite dell'album del 2009, in cui arrivava elettronica minimale, neofolk e ambient. "Cosa cambia?" direte voi. Il coraggio sta nell'aver capito come coniugare un'istanza interiore di abbandono del metal con un'altra che invece lo brama in modo viscerale, appunto col black. Eppure non possiamo intenderlo in senso ortodosso. Siamo vicini allo spirito dei Solefald (in salsa magiara, con atmosfere meno pompose e più sofferenti), piuttosto che agli Ulver. A primo acchito, sembrerebbe che 'Sgùrr' sia basato principalmente sui due brani che insieme arrivano a oltre mezzora di musica, ma è vero solo in parte. All'interno di questo lavoro non ci sono canzoni intese in senso classico: ogni frammento costituisce un passo necessario per il successivo, un fluire incessante di emozioni trasversali e universali. Infatti su nove pezzi, due sono introduzioni in spoken word e altri quattro sono strumentali. Senza un ascolto integrale (uno? Ne servirebbero decine!) non si avrebbe una rappresentazione integrale di quanto cerchiamo faticosamente di descrivere, ma sarebbe solo una di mille facce, e quindi incompleta e insoddisfacente. Tomas continua a regalarci splendide pagine d'autore, fregandosene dei trend. E nel banalissimo (per scelta) mondo del metal è una scelta che apprezziamo oltremodo.
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