CARONTE: Codex Babalon
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18/07/2016La storia dei Caronte è un po' anche la mia storia. Li conobbi nel 2008 quando alcuni componenti erano nei The Wraiths e sfruttavano nel modo più immediato l'ugola di Dorian Bones, con un divertentissimo horror punk. In seguito ho ritrovato il cantante nei Whiskey Ritual, che fanno tutt'ora black 'n' roll debosciato e alcolico. I Caronte, insomma, per me sono arrivati cronologicamente in tempi più recenti e lo split con i Doomraiser sugellò una sorta di alleanza tra due dei migliori gruppi doom della penisola. Non contenti, i ragazzi di Parma organizzano anche un festival densissimo e molto vario nei generi coinvolti, che si rifà nel nome a un loro pezzo (Navajo Calling). Caronte vuol dire impegno, ed evidentemente respirare musica ventiquattro ore su ventiquattro. In quest'ottica bisogna salutare l'arrivo dell'EP 'Codex Babalon', un ennesimo segnale di vita da parte di persone estremamente coinvolte e che non riescono a sbagliare una mossa. Il sound generale è drogato, sfilacciato e sinistro, forse più del precedente 'Church Of Shamanic Goetia', con qualche punto di contatto con l'esordio 'Ascension', ma con delle linee vocali che acchiappano di più, specie il primo brano. Narcotizzante nella sua interezza, raggiunge livelli di disagio totale nella conclusione di "Rites Of High Theurgy", in cui le fiamme violacee avvolgono la pira a cui -inconsapevolmente- ci hanno legati nei minuti precedenti. Oramai i Caronte si saranno anche scocciati di definizioni della serie "Glenn Danzig che suona con gli Electric Wizard", e fanno bene perché stanno imponendosi con personalità. Un certo signor Crowley sarebbe orgoglioso di loro.
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